La casa dei fantasmi (1959) è stato uno dei primi film a unire l’elemento mistery (o giallo) con il genere horror, amplificando la suspense e la paura dello spettatore con il ricorso, in alcune sale cinematografiche, a ingegnosi trucchi come uno scheletro di plastica fosforescente che veniva calato in mezzo al pubblico durante la proiezione.
Articolo pubblicato per gentile concessione di Fendenti & Popcorn
Se siete amanti dell’horror ‘old school’, privo di particolari troppo splatter ma ricco di trovate che fanno fare dei sani salti sulla sedia, La casa dei fantasmi (House on Haunted Hill) è un piccolo classico da non sottovalutare. E’ un film del 1959, diretto dal grande fan di Alfred Hitchicock e suo emulatore William Castle.
Il soggetto reinterpreta Dieci piccoli Indiani in chiave horror e fa un bel mashup con I Diabolici di Henri-Georges Clouzot.
Frederick Loren, un ricchissimo magnate, insieme a sua moglie Annabelle organizza una festa in una casa affittata per l’occasione. E’ una vecchia magione che ha la sinistra fama di essere stata teatro di omicidi particolarmente efferati e quindi sarebbe infestata dai fantasmi. Invita un gruppo di cinque persone sono state scelte in modo da essere diverse tra di loro e non conoscersi; unico denominatore, l’aver bisogno di soldi. Promette diecimila dollari a ciascuno nel caso riescano a sopravvivere a un’intera nottata in quella dimora, danaro che potrebbe aumentare se per caso qualcuno non dovesse sopravvivere in quanto la cifra verrà divisa tra i vivi. Le regole del gioco sono ferree: fino a mezzanotte si potrà uscire e dopo la casa sarà chiusa in modo tale da impedire ogni via di fuga. L’anfitrione Loren fa esplorare le stanze e narra i delitti con grande teatralità e dovizia di particolari raccapriccianti, e consegna addirittura delle pistole. Intanto si odono cigolii, un lampadario crolla, un ospite viene aggredito e i domestici lasciano la magione prima del tempo cosicché nessuno può andarsene incluso il riccone e la sua moglie. E’ lei la prima vittima…
La storia oggi può apparire poco originale, perché la formula delle persone chiuse in un locale maledetto per caso sfortunato o per sfida è ormai un tema declinato in mille maniere, dal giallo al thriller fino all’horror più estremo. Quando uscì il film il romanzo di Agatha Christie era conosciuto, I Diabolici erano d’attualità se non altro per il divieto ai minori di sedici anni, quindi è motivato il grande successo di pubblico e inaspettatamente anche di critica, compresa l’approvazione dello stesso Hitchcock. Secondo la leggenda il Maestro sarebbe arrivato tardi di poche ore per acquisire il soggetto, e dovendovi rinunciare avrebbe poi elaborato Psyco. Da genio quale era, avrebbe compreso la novità di aver fuso il giallo con l’horror, intuendone le grandi potenzialità.
Di certo oggi un appassionato di gialli capirebbe subito che il mistero della casa infestata è tutto terreno e non c’è traccia di horror sovrannaturale, oppure a seconda dei punti di vista c’è l’essenziale, ovvero la tensione, il riuscire a spaventare grazie a trucchi semplici. La pellicola è uscita nel 1959, quando i film di paura si limitavano più o meno a mostri ‘classici’ come Dracula, la Mummia, l’uomo lupo o la donna pantera, o a scienziati pazzi oppure ai fantasmi. Il titolo promette spettri, si odono cigolii, pianoforti suonano da soli, compaiono teste mozzate, le donne strillano… sarebbe stato logico aspettarsi quel tipo di presenze; invece l’attenzione viene depistata dalle atmosfere gotiche e fino a due terzi della proiezione è facile pensare proprio a presenze sovrannaturali. Mescolare giallo e horror era poi una novità imprevedibile, e lo era pure proiettare il film in una sala buia, con veri scheletri di plastica collegati a carrucole che entravano in azione nelle sequenze più appropriate.
I trucchi impiegati sono più o meno gli stessi presenti nei tunnel delle paure dei luna-park, ma in quegli anni era quanto c’era a disposizione. Lo spettatore non può capire se sembrino effetti speciali rozzi perché un B-movie non può permettersi di meglio, o se sono rozzi perché anche nella finzione filmica sono oggetti da baraccone, quindi l’ambiguità permane fino quasi alla fine. Ad accrescere i dubbi, il fatto che il film è stato girato in set ricostruiti per l’occasione, in interni arredati in modo da dare l’idea di una vera magione vittoriana… o di una casa delle paure da parco dei divertimenti. Solamente gli esterni hanno per set una vera casa: la celebre Ennis House di Los Feliz in California, progettata nel 1924 da Frank Lloyd Wright.
Il fascino della pellicola risiede nella lentezza e nel terrore che serpeggia tra i convitati e di conseguenza nella platea. Vincent Price, icona del cinema di genere, è perfetto, e per quanto il doppiatore abbia fatto un buon lavoro nella versione in lingua originale la sua voce profonda e perfettamente impostata ha tutti i suoi perché. E’ sicuramente uno dei buoni motivi per guardare il film, emerge sul resto del cast anche perché la sua è la parte più interessante. Gli altri sono bravi attori con ruoli più o meno stereotipati: oltre alla diabolica consorte, c’è uno psichiatra, una giornalista che mira allo scoop, un pilota collaudatore di auto, una segretaria, un uomo il cui fratello è già stato in quella dimora facendo una brutta fine. I ruoli femminili oggi deluderebbero in quanto sono donne bellissime ma non fanno altro che strillare nei momenti di pericolo, aspettando un maschio Alpha che le salvi… con un’eccezione.
Oggi questa pellicola è entrata nel pubblico dominio, ovvero i diritti d’autore sono scaduti e tutti possono vederla legalmente in modo gratuito; si trova in streaming sia nella versione originale in bianco e nero, sia nella versione colorizzata. Magari il colore aggiunto fa sembrare il film meno vecchio e lo avvicina ai giovani, ma in questo caso toglie invece di valorizzare. Il bianco e nero minimizza i trucchi rudimentali, valorizza le ombre che si proiettano nelle stanze illuminate da luci a gas, aumenta la paura.
L’epilogo può apparire sottotono, poiché la spiegazione che scioglie qualsiasi dubbio giunge a dieci minuti dalla fine e si protrae a lungo, smorzando la tensione che si era costruita. Scoperti i colpevoli, conosciuta la macchinazione in ogni suo dettaglio, resta il dubbio sulla reazione che avranno i concorrenti desiderosi di ricevere il premio. I titoli di coda arrivano prima che i superstiti abbiano il tempo di reagire, e anche questa è una bella trovata: non offende la mentalità puritana che vuole che il colpevole venga individuato e punito, ma evita di mostrare la polizia in azione, o un castigo di contrappasso.
La casa dei fantasmi è un gioiellino a basso costo, eppure ha un suo fascino che va oltre la bellezza delle interpreti o la classe da gentleman di Vincent Price. Il successo delle ‘Escape Room’ ne è una prova.
Titolo Originale: House on Haunted Hill
Regia: William Castle
Sceneggiatura: Robb White
Produzione: USA, 1959 – William Castle Productions
Fotografia : Carl E. Guthrie
Effetti speciali: Herman E. Townsley
Musiche: Von Dexter
Cast: Vincent Price, Carol Ohmart, Richard Long, Carolyn Craig, Elisha Cook
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