Raccontare il mondo del gioco di ruolo dal vivo (GRV) ad una platea di spettatori avvezzi a considerare il fantasy un genere per adolescenti e ignari di cosa sia un gioco di ruolo è una scommessa. I coraggiosi appassionati di cinema e di giochi di interpretazione provenienti dalle associazioni Clavisomni, Gruppolucenera e Babele Filmica hanno provato a raccontare la propria passione in una web serie, intitolata Getalive. Nel 2011 hanno diffuso i primi tre cortometraggi, Getalive – Legami, Getalive – La Chiamata, Getalive – Il Tesoro. Sono partiti dal casting, effettuato in svariate manifestazioni dedicate al variegato mondo del fumetto, del gioco di ruolo, del cosplay e della rievocazione storica. Radunato un manipolo di interpreti, hanno dato il via alle riprese e poi hanno diffuso i tre episodi pilota, realizzati a costo zero, in canali di streaming. L’intenzione degli autori era di proseguire la narrazione con l’appoggio, anche economico, degli spettatori. L’alto numero di visualizzazioni ha premiato lo sforzo dei cineasti, ben presto sostenuti anche dallo staff di Eppela e del Lucca Comics and Games. Con il patrocinio del prestigioso ente, ed una fortunata campagna di crowdfunding, la serie è giunta al suo settimo episodio.
Getalive racconta con umorismo dolce e amaro le disavventure di un gruppo di giocatori di ruolo dal vivo, alle prese con un hobby di nicchia e con un’esistenza troppo spesso inappagante. Filippo (Francesco Gori) è un giornalista impiegato come stagista presso una redazione retta da un tirannico direttore; dal punto di vista sentimentale, è in piena crisi con la sua ragazza. Un giorno, dopo l’ennesima incomprensione, viene fatto ubriacare dal suo coinquilino, il chiassoso cugino metallaro Loris (Duccio Mantellassi). Con la complicità del più anziano giocatore Ugo (Marcello Sbigoli), Filippo ancora in preda ai fumi dell’alcool viene portato in un bosco, per partecipare ad una sessione live. Vestito in stile medievale fantasy, e privo di mezzi per assicurarsi una rapida fuga, si trova costretto a partecipare all’evento. Digiuno come è di fantasy e di giochi di ruolo, si caccia in un sacco di guai, tra le reazioni più diverse dei compagni di gioco, il nerd Kevin (un Alessandro Patrizi vagamente somigliante a Umberto Bossi), la giocatrice di vecchia data Sara (Elena Talenti) e l’inquietante Ramona (Azzurra Rocchi).
Il bizzarro mondo del gioco di ruolo dal vivo viene raccontato con lo sguardo di un ‘niubbo’, una persona che si accosta al fenomeno senza particolare entusiasmo e senza preconcetti. E’ un punto di vista piuttosto originale: le rare pellicole dedicate all’argomento di solito esprimono disapprovazione, come avviene in Labirinti e mostri (film televisivo del 1982 interpretato da un giovanissimo Tom Hanks) per rendere credibile la vicenda, oppure tratteggiano ritratti agiografici di un’elite di ragazzi lontani dai vizi delle banali esistenze dei coetanei. Getalive è stata realizzato con uno sguardo affettuoso verso il mondo nerd, descritto con disillusione e molta ironia. Lo stereotipo dei nerd intelligentissimi e creativi contrapposti a uomini comuni meschini e vigliacchi viene rifiutato così come l’idea dei giocatori disadattati, dediti a culti satanici, asociali. I giocatori sono persone che cercano nelle emozioni ludiche un modo di condividere un sogno. Tutti i protagonisti sono oppressi da un mondo placido e opaco, fatto di occupazioni inappaganti, di conformismo, di emozioni vissute passivamente davanti alla televisione. Quando sono costretti a confrontarsi con quella realtà tanto lontana dalle proprie aspirazioni, subiscono immeritatamente i soprusi oppure reagiscono nel modo più goffo ed aggressivo. C’è chi è troppo impulsivo e chi invece ha sopportato troppi compromessi, chi è insicuro oppure si lascia fagocitare da un ambiente conformista e alla fine mente anche a sé stesso. Alcuni di loro sono delusi dalla vita quotidiana, e cercano una rivalsa dalle frustrazioni, altri invece cercano nel piacere ludico una forma di teatro interattivo. Ci sono anche elementi che traspongono nel gioco gli atteggiamenti negativi tipici della società attuale, sono invidiosi, pronti a corrompere gli arbitri pur di primeggiare, anche quando il premio in palio è solamente l’essersi divertiti o annoiati. Di certo nessuno è perfetto: le sequenze del live si alternano ad episodi della vita quotidiana dei giocatori, descrivendo difficoltà di ogni tipo. Kevin ha una madre presentatrice di prodotti di bellezza, interessata ai gossip, ed una sorella leziosa in fase di tempesta ormonale. Sara convive con un uomo banale, passa le sere sul divano mentre il compagno gioca con la consolle oppure guarda le partite di calcio. Loris lavora come cameriere e fattorino per una pizzeria; innamorato di Sara, considera il suo uomo un gorilla incapace di sollevarsi dalla rassicurante piattezza della routine. Sembrerebbe il più disadattato della compagine, e paradossalmente è il più consapevole: coerente con sé stesso, rifiuta i tanti compromessi che gli permetterebbero una vita lavorativa e sentimentale più stabile. Non si rende conto delle conseguenze di molte sue scelte, o forse ne è perfettamente cosciente e accetta con apparente leggerezza i propri limiti, certo di non saper fingere. Ugo poi ha una vera e propria doppia vita: inventa scuse di ogni genere all’ignara famiglia pur di recarsi alle partite.
Tutti i personaggi cercano di sopravvivere alle delusioni, a una società che forse premia l’impegno e di certo promuove l’omologazione dei gusti e delle abitudini. Getalive vuol dire ‘fatti un live’, ma suona anche come getalife, ovvero, ‘sopravvivi’. Di sopravvivenza si parla, e di gioco inteso come mezzo per divertirsi in modo intelligente, facendo chiarezza nei propri intenti, nelle proprie priorità, quasi fosse una seduta di psicoterapia o un esercizio zen.
La breve durata di ciascun episodio impone di sintetizzare l’introspezione nello spazio di poche battute, scelte in modo da metter in luce i vissuti di ciascun personaggio. Le battute a volte esplicite, rese più comiche dalla colorita parlata pratese, enfatizzano il contrasto tra i sogni di gloria e le miserie quotidiane. Don Chisciotte era affiancato dal popolano Sancho Panza proprio per esasperare le due diverse visioni del mondo, quella sognante e utopistica dell’hidalgo e quella tutta materiale dello scudiero. In Getalive ogni personaggio ricopre entrambi i ruoli: la vita pretende che si comporti come un Sancho Panza, il cuore vuole che si trasformi in un eroe impavido, sapiente, scaltro. Realtà concreta e realtà rappresentata scorrono parallele, apparentemente inconciliabili, eppure è grazie all’esperienza ludica che i protagonisti cercano di modificare quanto c’è di umiliante e sgradevole.
La quinta e la sesta puntata in particolare si soffermano sulla descrizione dei rapporti sociali dei giocatori. Stavolta non ci vengono raccontati strampalati incantesimi o improbabili battaglie combattute con spade di lattice nei boschi. La narrazione apparentemente rallenta e sembra avvicinarsi al linguaggio proprio delle sitcom girate in edifici anonimi e improntate ad un umorismo immediato, adatto a tutte le età. Che non sia una replica di Un medico in famiglia, si capisce dopo poche graffianti sequenze. I ritratti bonari delle fiction vengono rivisitati con i toni beffardi della migliore commedia all’italiana degli anni Sessanta, caratterizzata dalla descrizione disillusa e a volte crudele dei vizi della società. Il registro grottesco e malinconico è necessario per evidenziare la diversità dei protagonisti rispetto agli uomini comuni. Un nerd, ci suggeriscono gli autori, non è un italiano medio che sogna di realizzarsi secondo i modelli imposti dai media e fallisce perché è inetto e privo di doti. E’ una persona che coltiva interessi diversi, costruisce amicizie durature con altri nerd e difficilmente ha tempo e voglia per seguire mode e tendenze. Le sue scelte possono costare care e nel rapportarsi con la gente comune le incomprensioni sono frequenti. La società costruita della gente comune è spietata e omologa gli individui; sicuramente il microcosmo creato dai nerd è un’alternativa a tanto grigiore, tuttavia non è un mondo utopistico e risente dei mali diffusi nella vita di ogni giorno.
I giocatori si trovano prima o poi a svestire i panni dei loro eroi e pur apprezzando poco lo stile di vita dei coetanei, talvolta ne ripropongono gli atteggiamenti meno edificanti. E’ quanto accade nel settimo episodio, tutto dedicato allo svolgimento del live. Loris costringe Filippo a seguirlo, con l’intenzione di far morire il personaggio in modo epico. Il giovane si organizza in modo da completare il lavoro e poter partecipare; stavolta appare meno impacciato, tuttavia alla redazione qualcuno gli sta preparando una brutta sorpresa…
L’episodio dà spazio ai personaggi secondari e sottolinea come anche il mondo di cartapesta del live possa soffrire degli stessi mali diffusi nella nostra società. Alcuni alter ego immaginari si pavoneggiano come primedonne in passerella, manifestano un’esagerata smania di protagonismo. Ignoriamo il loro passato e possiamo soltanto immaginare le motivazioni che li spingono a trasgredire le regole. Probabilmente sono persone deluse e cercano nel mondo fantastico un’occasione per rifarsi degli smacchi che la vita gli riserva; se non praticassero i live probabilmente riproporrebbero gli atteggiamenti negativi in altra maniera, magari tempestando i social network di immagini della propria vita quotidiana, in attesa di commenti estasiati. Purtroppo il gioco di ruolo ha i suoi limiti e davanti alle frustrazioni causate da insuccessi personali l’uso della fantasia può ‘soltanto’ suggerire soluzioni più soddisfacenti. La finzione recitativa stimola questi processi mentali, ed è un valido strumento per i protagonisti, che conoscono meglio loro stessi, riflettono sulle proprie aspettative e traggono stimoli utili a vivere con maggiore consapevolezza. Il colorato mondo del live offre uno strumento, e sono i singoli individui a farne un uso buono o inopportuno, a seconda della loro maturità, delle aspettative, delle capacità relazionali. Le riflessioni sono tutt’altro che scontate e vengono porte con semplicità e schiettezza nel corso degli episodi. La morale della favola finalmente non è univoca e viene affidata alle riflessioni dello spettatore.
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