La vita è stata dura per Syracuse, pescatore con alle spalle un passato da alcoolista, un matrimonio naufragato e una figlia disabile a carico. Vive pescando in un paesino perso nella contea di Cork, in Irlanda, è povero e viene deriso anche dai suoi concittadini, che lo chiamano Cyrcus e lo trattano come lo scemo del villaggio. Un giorno Syracuse getta le reti e quando le riavvolge trova una bellissima donna. Spaventata, poco o nulla rivela di sé, neppure il nome e la provenienza; si lascia chiamare Ondine e instaura fin da subito un legame speciale con il pescatore e la sua bambina, tanto da rifiutare di essere vista dagli abitanti del paese. Annie si convince che Ondine sia una selkie, una creatura delle leggende scozzesi dall’aspetto di foca. Secondo la tradizione la selkie compie magie cantando e può tramutarsi in un essere umano; se si innamora di un mortale seppellisce la sua pelle e per sette anni rimane con l’amato, fino a quando il mare non la reclama. Syracuse è scettico rispetto ai miracoli, va in chiesa solo per confessarsi e parla col sacerdote come con il terapeuta di un centro di ascolto per alcolisti. Finge di credere solo perché fa piacere alla figlia, tuttavia poco a poco si abbandona all’incanto. Annie vede Ondine seppellire un involto sotto una roccia, la vede nuotare con maestria nelle acque gelide del golfo, Syracuse pesca aragoste e salmoni quando la donna canta. Addirittura quando il nuovo compagno della madre muore in un incidente d’auto, Annie può farsi trapiantare i suoi organi. La realtà è però assai meno meravigliosa…
Ondine il segreto del mare (Ondine, 2009) fonde realtà e fantasia in un gioco di incastri che può spiazzare gli spettatori. Il regista Neil Jordan (Intervista con il vampiro, Byzantium) sembra imbastire una vicenda fiabesca, e per buona parte della pellicola la sceneggiatura accumula dettagli che fanno immaginare e attendere qualcosa di misterioso e magico. La pregevole fotografia di Cristopher Doyle immortala gli splendidi paesaggi della penisola di Beara nel sud-ovest dell’Irlanda, con i cottage persi nella campagna verdissima e il mare che cambia colore insieme alla foschia, con i piccoli porti e le scogliere. La musica eterea del gruppo islandese Sigur Ros accompagna le pesche miracolose, e Ondine (Alicja Bachleda) si comporta con l’ambiguità di una creatura fuori dal tempo. Idilliaco è il rapporto tra Syracuse (un Colin Farrell cupo e malinconico che di certo conquista i cuori femminili) e la piccola Anne (Alison Barry). Nonostante i trascorsi burrascosi Syracuse è un padre affettuoso e la piccola affronta la sua condizione di dializzata con coraggio, senza pretendere miracoli ma, in cuor suo, attendendoli.
Il mistero che circonda Ondine rafforza la sensazione di trovarsi davvero in una fiaba contemporanea. Jordan costruisce lentamente l’atmosfera magica, attraverso una narrazione lenta, ricca di momenti melodrammatici. Quando ormai lo spettatore stesso sta per convincersi dell’esistenza di creature fatate capaci di compiere miracoli, Jordan fa bruscamente irrompere la realtà e rivela come sono andati i fatti.
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La brusca rivelazione giunge nell’ultimo quarto d’ora di proiezione: a quel punto i malviventi vengono assicurati alla giustizia in un brevissimo scontro, risolto senza troppi virtuosismi della macchina da presa. Neppure il regista sembra prendere troppo sul serio quella manciata di minuti degni di un telefilm poliziesco da palinsesto pomeridiano. Tanta approssimazione stride con quanto è stato raccontato fino ad allora.
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Tutti ad eccetto degli spettatori che si attendevano una vicenda fantasy ambientata nell’Isola di Smeraldo, sullo stile del vecchio Darby O’Geal e il Re dei Folletti, oppure quanti memori di Lorelei o della Tetralogia di Richard Wagner avevano sperato in una trasposizione contemporanea del mito. La delusione è ben comprensibile per gli spettatori che forse avevano davanti agli occhi le splendide immagini di un’altra pregevole pellicola irlandese, Il segreto dell’Isola di Roan (1994), film che narra la leggenda della selkie con toni da realismo magico, permettendo al sovrannaturale di farsi strada nella vita quotidiana.
Neil Jordan sembra rinunciare ad una narrazione fantasy o fantastica esplicita per raccontare un toccante dramma umano. Ad un’occhiata superficiale Ondine il mistero del mare assomiglia a certi film commuoventi d’altri tempi, dai ritmi lenti e dal finale edificante che lascia uscire lo spettatore dal cinema rassicurato, eppure non è una ‘sceneggiata’ celtica. In parte vicenda rasenta toni strappalacrime con tanto di bambina malata e povera e famiglia disastrata, tuttavia la costruzione apparentemente melensa e ingenua nasconde un continuo ribaltamento di prospettive e di registri narrativi. Lo spettatore è portato a credere alla leggenda nonostante accorte inquadrature offrano spunti per un’interpretazione diversa della situazione. L’iniziale spossatezza della donna fa sospettare che non possa respirare sott’acqua, il suo preoccuparsi quando il pescatore maneggia le gabbie per le aragoste dovrebbe mettere in guardia, così come la necessità di nascondersi. Anche le sequenze in cui occulta la droga lasciano intravedere un involucro di materiale diverso dalla pelle di foca dei racconti. “C’è abbastanza luce per chi vuole credere e abbastanza buio per chi non vuole credere“, scrisse a suo tempo il filosofo Pascal, e fino al chiarimento finale lo spettatore non sa se dare retta al raziocinio oppure attendersi un prodigio. Merito della sceneggiatura, studiata fino al virtuosismo per costruire l’inganno, svelarlo e poi riportare nuovamente la fantasia in primo piano, con il compiersi di un miracolo tutto laico. In una società disincantata, dove anche il confessionale è un sostituto della chaise longue (poltrona) dello psicanalista, è difficile sperare in un intervento soprannaturale. Persa la fede nei santi e dimenticata l’antica spiritualità pagana, all’umanità restano gli eventi possibili benché improbabili, eventi tutti terreni occorsi però al momento giusto: è quanto avviene in seguito all’arrivo di Ondine. La presenza della donna innesca una serie di eventi che trasformeranno la vita del pescatore e della sua bambina, fino al lieto fine che dona all’intera vicenda il sapore di una fiaba. Ondine il mistero del mare è soprattutto questo, una fiaba contemporanea, da gustare con il cuore aperto alla speranza.
Regia: Neil Jordan
Anno: 2009
Produzione: Irlanda, USA – Octagon Films – durata: 111 min.
Sceneggiatura: Neil Jordan
Fotografia: Christopher Doyle
Musiche: Kjartan Sveinsson, Sigur Ros
Effetti speciali: Kevin Byrne
Interpreti: Colin Farrell, Alicja Bachleda, Tony Curran, Dervla Kirwan, Stephen Rea, Alison Barry
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