Automan è un telefilm degli anni Ottanta, nato dalla fantasia di Glen A. Larson e prodotto dall’ emittente televisiva statunitense ABC. Come molte serie del periodo, inserisce temi fantascientifici innovativi in un contesto poliziesco più convenzionale.
Automan è il nome della creatura digitale creata da Walter Nebicher, programmatore maldestro che lavora al dipartimento di polizia di Los Angeles. Walter, ritenuto inadatto a fronteggiare il crimine in prima linea, viene confinato in un ufficio. Avvilito dal ruolo di informatico, immagina in cuor suo di vivere chissà quali imprese eroiche. Un po’ per vincere la noia, un po’ per poter continuare a sognare, si dedica alla creazione di un videogioco. Nelle sue intenzioni, il protagonista deve essere un paladino della giustizia, un eroe che aiuta la polizia nelle sue indagini grazie a poteri straordinari. A causa di uno strano sovraccarico elettrico, dallo schermo fuoriesce Automan, un ologramma senziente accompagnato da un puntino luminoso, Cursore. Come ogni super eroe, anche Automan è dotato di super poteri e pesanti limitazioni. Può collegarsi ai database di tutto il mondo, tuttavia consuma tantissima energia e quindi può agire solo per brevi periodi. Può comparire solo di notte, quando i consumi delle apparecchiature elettriche sono ridotti. Grazie al fido Cursore, può creare oggetti che funzionano nel mondo reale, ‘disegnandoli’. Crea in tal modo elicotteri, automobili e qualsiasi cosa necessiti, a partire dagli abiti. Potrebbe sembrare un problema di secondaria importanza, vestirsi, invece nel caso di Automan è un’esigenza irrinunciabile. Il nostro ologramma ha il corpo blu luminescente e solamente la testa e le mani sono quelle di un essere umano: con un simile aspetto è difficile mantenere l’identità segreta. Gli abiti permettono all’ologramma di sembrare un essere umano; soltanto Walter e la collega Roxanne sono a conoscenza della verità. Automan finge di essere un agente governativo chiamato Otto Mann ( in Americano suona come Automan). Collabora con Walter, lo aiuta e spesso lo toglie dai guai.
I telefilm non ebbero grande successo in America e la ABC mise fine alle riprese dopo soli tredici episodi. Il primo di essi introduce l’eroe ed è un film di 90’, i seguenti capitoli durano circa cinquanta minuti. I motivi del fallimento di Automan sono molteplici, e almeno in parte prevedibili. Gli effetti speciali impiegati erano per l’epoca sofisticati e quindi molto impegnativi. Per sostenerne i costi, la serie doveva conquistarsi indici d’ascolto davvero elevati, vincendo la concorrenza di altri serial già famosi, e a buon mercato.
I prodigi tecnologici da soli non potevano da soli rinverdire personaggi troppo tradizionali o donare originalità a trame già sfruttate. I media da anni proponevano coppie composte da un superuomo ed un genio specializzato in qualche particolare disciplina, oppure una donna molto abile e atletica. Sono tutte variazioni sul tema, reso popolare da Sherlock Holmes e Watson, o da Batman e Robin: Automan e Walter ripropongono gli stereotipi ben conosciuti. Fin dall’inizio di ogni episodio lo spettatore è certo che i due sconfiggeranno qualsiasi avversario e riceveranno gli applausi prima dei titoli di coda. Lo schema si ripete invariato per ogni episodio e la sceneggiatura insiste nell’esibire i prodigi digitali. L’elicottero fatto di luce e l’automobile che ignora le leggi della fisica e fa le curve a novanta gradi sono memorabili esibizioni di effetti speciali, ricordate con affetto dai fan.
Tanta cura formale è apprezzabile tuttavia sacrifica l’introspezione dei personaggi, schiacciati dall’(ab)uso di pixel. Le dolorose limitazioni che affliggono l’esistenza di una creatura virtuale vengono lasciate all’immaginazione oppure restano in secondo piano. Dialoghi e situazioni selezionate con cura potevano sottolineare l’impaccio di Automan nel rapportarsi con gli esseri umani, la frustrazione nel sentirsi limitato dalla breve durata di ogni apparizione e la consapevole impossibilità di costruire rapporti autentici. Volendo osare, l’interfaccia elettronica poteva porsi interrogativi sulle proprie possibilità di scelta tra bene e male, decisioni prese consapevolmente oppure conseguenza di una precisa programmazione. Il telefilm rifugge da simili interrogativi e Automan si comporta come un uomo qualsiasi, oppure diviene un coreografico ‘accessorio di scena’, quasi fosse un elaborato elettrodomestico. Il rapporto con Walter si riduce così ad una premurosa assistenza. Anche Walter e la sua ‘quasi fidanzata’ Roxanne vengono descritti con superficialità, e ne vengono taciute abitudini, gusti, piccole manie. Potrebbero sembrare dettagli superflui, tuttavia in una narrazione seriale la ripetizione dei particolari facilita la caratterizzazione dei personaggi ed aiuta la platea ad identificarsi in loro. Creata la giusta empatia, lo spettatore trepida per la sorte del suo beniamino, e spesso non occorrono chissà quali raffinatezze stilistiche o effetti speciali mirabolanti, per tenere desta l’attenzione. Purtroppo le sceneggiature degli episodi peccano in questo senso, e fanno troppo affidamento sugli effetti speciali. E a proposito di miracoli digitali, al momento del debutto in televisione parecchi spettatori si aspettavano un adattamento televisivo del film Tron (1982). Rimasero delusi trovando vicende poliziesche molto tradizionali, illuminate qua e là da qualche trovata avveniristica che ammiccava alla celebre pellicola. Ad eccezione del costume luminescente, l’eroe stesso aveva poco o niente a vedere con i personaggi dell’innovativo film Disney, anzi, era proprio l’opposto. Invece di un uomo che entra nella realtà virtuale del computer, Automan è un elemento virtuale che entra nel mondo reale e si confronta con persone in carne ed ossa.
Simili caratteristiche dovrebbero motivare il destino di questo telefilm, ammirato e nello stesso tempo considerato troppo costoso ed ingenuo. Automan – Chuck Wagner si è reinventato una carriera come insegnante e si è esibito come baritono in numerosi musical, Walter – Desi Arnaz Junior ha partecipato a vari telefilm, Roxanne – Heather McNair si è limitata a qualche sporadica comparsata nel cinema.
Se in patria Automan è stato un memorabile flop, in Italia le cose sono andate diversamente. Alcuni episodi sono stati trasmessi da diverse emittenti, e la serie si è conquistata un suo posto nei cuori del pubblico. Nonostante le ingenuità tanto palesi, Automan è diventato un piccolo cult.
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