Al cinema il selvaggio West, per quanto possa sembrar strano, si è sempre prestato ad ospitare storie di genere horror, fantastico o weird, costituendo un sotto-genere sicuramente di nicchia ma con all’attivo un certo numero di pellicole valide o perlomeno curiose, anche se magari poco conosciute. Al di là dell’apparente realismo circonfuso di epicità e leggenda delle vicende del West che hanno fatto la storia dell’America, la conquista e la vita della frontiera hanno avuto i loro lati oscuri e misteriosi che il cinema ha portato sullo schermo più volte. E Bone Tomahawk ne costituisce il più recente e valido esempio.
C’era una volta il (Weird) West
Come per i film dell’orrore di tradizione gotica europea, il cinema western-horror non si è fatto mancare niente in fatto di vampiri, mostri, zombi, spettri, licantropi, cannibali, stregoni… Sin dagli anni ’50 troviamo il vampiro pistolero de L’uomo senza corpo (Curse of the Undead), gli spiriti maligni della pellicola messicana The Living Coffin (El grito de la muerte) e addirittura i dinosauri de La valle dei disperati (The Beast of Hollow Mountain). Seguirono negli anni svariate produzioni di serie B dalle connotazioni trash ma è con il nuovo millennio che il western-horror (o weird-western) sembra conoscere una seconda stagione con pellicole anche di un certo livello dove le storie con elementi fantastici, orrorifici e soprannaturali si fondono alla perfezione con l’avventura epica e i grandi spazi del western classico. Basti pensare a The Missing, film del 2003 diretto da Ron Howard, dove l’elemento fantastico e horror è sfumato e dosato con accortezza, ben integrato in una classica storia western che ricalca il capolavoro di John Ford Sentieri selvaggi. L’aspetto weird fantastico è rappresentato invece da un crudele stregone apache che pratica la magia nera, apparentemente con una certa efficacia .
Con i due film sopracitati condivide lo spunto iniziale il recente Bone Tomahawk (2015), weird-western in piena regola che vede delle persone rapite (tra cui una donna), non da ‘semplici’ indiani pellerossa, ma da una misteriosa tribù di feroci trogloditi cannibali che vivono ai margini della civiltà. Acclamato al Fantastic Fest di Austin, Bone Tomahawk ha poi avuto una dimessa distribuzione nel circuito direct to video, senza passare dalle sale cinematografiche (almeno in Italia). Diretto dall’esordiente Craig Zahler, Bone Tomahawk inizia come un western tradizionale che ci mostra una male assortita squadra di quattro uomini, composta da uno sceriffo tutto d’un pezzo, un pistolero che odia gli indiani, un cowboy azzoppato in cerca della moglie rapita e un anziano vice-sceriffo troppo loquace, buttarsi alla ricerca degli scomparsi; questi annoverano, oltre alla bella moglie del cowboy e un giovane aiutante dello sceriffo, anche un balordo tagliagole finito in cella, colpevole pure di aver attirato nella piccola cittadina il gruppo di vendicativi nativi cavernicoli, dopo averne profanato il cimitero sacro insieme a un suo compare rimasto poi ucciso. La trama è lineare, lo stile è asciutto e senza fronzoli e il film ha un andamento inizialmente lento che gradualmente ma inesorabilmente ci conduce al sanguinoso epilogo in mezzo alle montagne. In un paesaggio non troppo maestoso ma squallido e cespuglioso ci viene mostrato il lungo viaggio dei quattro (prima a cavallo poi a piedi) alla ricerca del covo dei trogloditi tra peripezie, conflitti interni e amicizie virili. Gli stereotipi e gli archetipi del vecchio West sono rigorosamente presenti ma vengono in qualche modo aggiornati con un realismo ‘nero’ e disincantato ravvisabile anche nei dialoghi dagli echi tarantiniani. Un magnifico Kurt Russell interpreta il duro ma disilluso sceriffo con un ‘look’ baffuto che ha poi mantenuto nel di poco successivo The Hateful Eight di Tarantino. Con una regia scabra ed essenziale (i primi piani sono quasi del tutto assenti), una fotografia dai colori freddi e tenui e una colonna sonora al minimo, Bone Tomahawk scivola dal western al cannibal movie con naturalezza, mettendo in scena una violenza brutale, però mostrata in maniera distaccata, quasi sbrigativa. Nella lotta per la sopravvivenza finale sono assenti i toni epici alla Sam Peckinpah o alla Sergio Leone. Il film rifugge da elementi soprannaturali tipici di altri weird-western e punta sul gore più crudo rappresentato dalla singolare tribù di trogloditi dediti al cannibalismo, inquietante e sgradevole esempio di umanità degenerata, elemento spesso presente in tanto cinema horror odierno .
Non mancano infatti alcune trovate macabre e bizzarre sui famelici e spietati trogloditi e sui loro ‘costumi’ tribali. Sprovvisti dell’uso della parola, i cavernicoli comunicano con una sorta di zufolo innestato nella trachea con cui emettono uno spaventoso richiamo e per riprodursi sfruttano crudelmente come animali le loro femmine dopo averle amputate e accecate con pezzi di legno. Comunque il film pur rimanendo un weird-western ricco di revolverate e cruenti combattimenti a colpi di tomahawk (di osso), non spinge eccessivamente sull’horror estremo perché le sopracitate nefandezze sono mostrate brevemente, non troppo da vicino e nella semioscurità delle caverne. Nonostante l’apparente inverosimiglianza del plot cannibalesco portato nel vecchio West, va ricordato che alcune antiche popolazioni di nativi americani (come i Karankawa del Texas meridionale) erano sospettate di praticare il cannibalismo. Semmai risultano più improbabili altri particolari che riguardano la dinamica dell’azione che porta i componenti della spedizione di salvataggio, prima ad agire con avventatezza e ingenuità eccessive (si fanno rubare i cavalli da banditi messicani mentre dormono senza aver lasciato nessuno di guardia), poi a farsi catturare dai trogloditi che sembrano avere caratteristiche quasi sovrumane nonostante il loro armamento piuttosto primitivo. Il che ci può stare in un film horror, solo che poi il cow-boy zoppo con una gamba a un passo dall’amputazione (per questo lasciato indietro momentaneamente dagli altri) si riprende miracolosamente quanto basta per andare a salvare i compari inventandosi un trucchetto ingegnoso (che non vi sveliamo) che frega come polli quelli che prima sembravano degli inafferrabili ‘ninja paleolitici’. Ma comunque alla resa dei conti la pellicola non smentisce la sua vena realista e amara, terminando con un lieto fine molto parziale e non troppo scontato.
Si tratta in sintesi di un film truce ma dotato di una sua sobria eleganza, insolito e godibile rappresentante di un genere cinematografico come quello western che viene dato spesso per finito ma in commistione con il weird-horror sembra trovare nuova vitalità. Oltre al carismatico Kurt Russell va citato anche il resto del cast composto da Lili Simmons nella parte dell’avvenente e intrepida ragazza rapita (anche lei pratica di medicina come la Cate Blanchett di The Missing), Matthew Fox (Lost) nei panni del misterioso e taciturno pistolero, il cow-boy innamorato Patrick Wilson, e soprattutto Richard Jenkins nel ruolo del ciarliero anziano vice-sceriffo in bizzarro contrasto con i suoi laconici compagni di viaggio. Nel prologo troviamo in un ruolo ‘cameo’ il veterano dell’horror Sid Haig nella parte di uno dei due fuorilegge che all’inizio finisce ammazzato dai trogloditi.
Bone Tomahawk non è il primo western sui cannibali, infatti va ricordato il notevole L’insaziabile (Ravenous, 1999) di Antonia Bird. Qui i cannibali non sono dei nativi americani ma un ufficiale dell’esercito (Robert Carlyle) ‘posseduto’ dal Wendigo creatura soprannaturale mangiauomini del mito indiano. Curiosamente Bone Tomahawk ha dei punti in comune con L’insaziabile (a parte i cannibali ovviamente): in entrambe le pellicole ci sono delle battute sul ‘destino manifesto‘ ovvero quel concetto che esprimeva la convinzione che gli Stati Uniti avessero la missione inevitabile di espandersi, diffondendo la loro forma di libertà e democrazia. Inoltre i due film condividono uno degli interpreti, David Arquette che in Bone Tomahawk è lo sventurato bandito rapito dai trogloditi. Il film si è aggiudicato al Festival di Sitges 2015 il premio ‘Miglior regista a S. Craig Zahler‘.
Trama: La cittadina di Bright Hope è vittima dei rapimenti di una tribù di trogloditi dediti al cannibalismo dopo che incautamente dei banditi hanno profanato un loro terreno sacro. Lo sceriffo Franklin Hunt raduna un gruppo di uomini, composto dal suo anziano vice Chicory, il marito di una delle donne rapite e un misterioso pistolero, per liberare i suoi concittadini. La missione si rivelerà pericolosa e piena di insidie, e i quattro uomini dovranno lottare per sopravvivere ai famelici cavernicoli…
Titolo originale: Bone Tomahawk
Regia: S. Craig Zahler
Anno: 2015
Produzione: USA – Caliber Media Company – Durata 133 min.
Sceneggiatura: S. Craig Zahler
Fotografia: Benji Bakshi
Musiche: Jeff Herriott, S. Craig Zahler
Interpreti: Kurt Russell, Patrick Wilson, Matthew Fox, Richard Jenkins, Lili Simmons, David Arquette, Sid Haig
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