Dopo il successo di pubblico dello sceneggiato gotico-fantastico Il segno del comando, la RAI incaricò il regista Daniele D’Anza di realizzare una nuova produzione in quattro puntate dal titolo E.S.P. sul mondo del paranormale.
Oggi la New Age e la riscoperta del pensiero proprio di altre culture, oltre alle opinioni espresse da scienziati del prestigio di Margherita Hack o da uomini di pensiero come il Dalai Lama gettano una nuova luce sul mondo del paranormale. Le posizioni della credulità e del razionalismo più intransigente devono fare i conti con il cauto possibilismo. Quanto non è ancora dimostrato oggi, potrebbe un giorno venire esplorato e le scoperte future potrebbero trasformare profondamente quanto oggi pare accertato.
Quaranta anni fa era difficile parlare di percezioni extrasensoriali senza suscitare sorrisi imbarazzati o scatenare accese discussioni tra credenti, scettici e possibilisti.
Lo sceneggiato di Daniele D’Anza E.S.P. (acronimo di Extra Sensorial Perceptions), trasmesso nel 1973, è un felice tentativo di avvicinare l’argomento al grosso pubblico, tramite la narrazione romanzata della vita del paragnosta Gerard Croiset (10 marzo 1909 – 20 luglio 1980). Per la prima e forse l’ultima volta nella storia della televisione, l’argomento viene affrontato con taglio documentaristico e biografico, evitando sia la freddezza di un ritratto giornalistico, sia le inopportune concessioni alla spettacolarizzazione dei fenomeni. A riprova della serietà della narrazione, la miniserie venne realizzata con la consulenza scientifica dello studioso Emilio Servadio e con la collaborazione dello stesso Croiset.
Flavio Niccolini, apprezzato autore interessato alla fantascienza e al paranormale, scrisse il soggetto e la sceneggiatura. Niccolini poté evitare di romanzare le vicende in quanto la vita del paragnosta era già un’avventura straordinaria.
Croiset era un cittadino belga di Utrecht, con un’infanzia difficile alle spalle: di padre ebreo, era stato abbandonato dai genitori, attori girovaghi, aveva subito le persecuzioni, e si credeva malato di mente in quanto, dopo un episodio di annegamento, aveva visioni di eventi futuri. Si era rivolto alla psichiatria, con risultati deludenti, poiché era risultato sano; scoraggiato, si era affidato ad un ricercatore esperto in parapsicologia, il prof. Wilhelm Tenhaeff. Croiset venne sottoposto a numerose prove ed esperimenti presso l’Università di Utrecht e venne rilevata un’effettiva capacità percettiva al di là dei normali sensi. La scoperta rassicurò Croiset: accettò la sua diversità e volle mettere i suoi talenti a disposizione di quanti ne avessero fatto richiesta, senza esigere compensi. Lo sceneggiato segue alcuni casi da lui risolti; la prima delle quattro puntate narra la presa di coscienza del protagonista, interpretato da uno strepitoso Paolo Stoppa. L’umile Croiset conosce altre persone nella sua stessa condizione e sotto la guida di Tenhaeff, inizia a risolvere casi, giungendo a collaborare con le forze dell’ordine.
La miniserie prende l’avvio come una ricostruzione quasi divulgativa, e anche quando vengono narrate le indagini, l’intreccio giallo non disdegna brevi parentesi che illustrano la posizione dei ricercatori del paranormale. Ovviamente i successi del sensitivo vengono messi in primo piano; con verosimiglianza, le indagini paranormali hanno risvolti drammatici e Croiset è impotente davanti alle tragedie ormai avvenute. Il primo caso affrontato è la scomparsa di un bambino; purtroppo il piccolo è annegato e il sensitivo non può far altro che indicare il luogo dove si trova il corpo. Riesce tuttavia a salvare il padre, quando dopo un mese, rimasto vedovo, medita il suicidio. Nelle altre tre puntate il paragnosta fa luce su altri misteri, e sempre una vena di malinconia accompagna le ricerche.
Nonostante si tratti il delicato tema dei poteri paranormali, in primo piano c’è sempre il lato più umano del fragile protagonista, un uomo non giovane né bello, tantomeno affascinante o ricco. Croiset conquista il suo equilibrio interiore e accetta il suo talento con umiltà, sempre ponendosi dilemmi morali. E’ convinto di possedere doti straordinarie e di doverle usare a fin di bene, senza attendersi ricompense; è un’anima innocente, tuttavia si concede volentieri alle luci dei mass media.
Nella vita reale probabilmente il sensitivo dovette essere meno fortunato, e accanto a casi risolti felicemente, vi furono fallimenti altrettanto clamorosi (ad esempio quando fu interpellato per il sequestro Moro, Croiset non riuscì a fornire informazioni utili alle indagini). Paolo Stoppa rende il personaggio indimenticabile e i comprimari non sono da meno: Ferruccio De Ceresa (prof. Tenhaeff), Omero Antonutti (Jaap Ensing), Claudio Cassinelli ( l’SS), la cantante Marzia Ubaldi (Anneke Jansen), Emilio Bonucci (Frank), Walter Maestosi (Karl Olthoff), Jacques Sernas (capo della polizia)… Come avveniva di regola nelle produzioni televisive d’allora, si trattava di attori importati nella quasi totalità dei casi dal teatro, o con avviate carriere cinematografiche alle spalle.
La sceneggiatura viene sottolineata da una colonna sonora d’avanguardia, creata da Egisto Macchi ed eseguita con uno strumento elettronico, il Theremin.
Il montaggio, piuttosto elaborato rispetto ai consueti standard televisivi, è impeccabile e dona movimento a quello che sarebbe stato altrimenti un rigoroso documentario, girato in un sobrio bianco e nero. All’epoca in Italia il colore non veniva impiegato nelle produzioni destinate esclusivamente alla visione televisiva e bisognerà attendere il febbraio del 1977 per vedere spettacoli a colori, dopo anni di discussioni sull’opportunità di investire danaro pubblico per garantire il nuovo servizio. In altre Nazioni montare gli sceneggiati di maggior successo per trarne un film era una pratica diffusa, così come l’unire due o più fortunati episodi di telefilm di successo. Si trattava di un’operazione dai risultati artistici spesso agghiaccianti, tuttavia dal punto di vista commerciale ne valeva la pena, e in quei casi era un obbligo investire sul colore. Diversa era la situazione di gran parte degli sceneggiati italiani, e di E.S.P. in particolare. La stessa struttura narrativa di fatto ne limitava la possibilità di venire trasformato in un film esportabile all’estero. La sceneggiatura prevedeva una corposa parte esplicativa necessaria alla comprensione degli eventi futuri. Era impossibile eliminare oppure ridurre le informazioni per dare spazio alle indagini, gli spettatori erano digiuni di parapsicologia. Mantenere la parte divulgativa ‘cucendo’ una delle altre tre puntate era altrettanto improponibile. Le avventure successive risultavano troppo complesse per essere sfrondate, o al contrario trattavano eventi di durata troppo limitata per poter essere assemblati. E.S.P era nato come sceneggiato e tale doveva restare, esportabile in altre Nazioni a patto di mantenerne inalterate le caratteristiche originarie.
Le riprese in bianco e nero, sebbene obbligate dalla necessità, hanno donato fascino alla serie, minimizzando la povertà degli ambienti, e l’artigianalità dei pochi trucchi impiegati. Il migliore effetto speciale è sicuramente la voce di Paolo Stoppa, capace di trasmettere la sensazione dei lampi di luce e delle immagini che affioravano nella mente del sensitivo dalla nebbia delle sue trance. Di serial con sensitivi immortalati in sequenze colorate condite da trucchi puerili, ahinoi se ne sarebbero visti parecchi nei decenni a venire, soprattutto oltre oceano.
E.S.P. dimostra tutti i suoi anni, tuttavia è invecchiato bene grazie alle interpretazioni di un cast di professionisti affiatati, e all’approccio originale ad un argomento tanto interessante quanto difficile da trattare rispettando le convinzioni individuali.