Eroi e Supereroi nel cinema fantasy odierno
A differenza del cinema di fantascienza e horror, che accanto alle produzioni mainstream più commerciali, affianca una discreta produzione di pellicole indipendenti talvolta innovative ed originali, il cinema fantasy odierno (nell’accezione più ampia del termine) è spesso fin troppo strettamente legato ai risultati del box-office e ai favori di un grande pubblico in cerca di superficiale evasione. Fumetti, videogames e romanzi forniscono potenzialmente ispirazione per grandi saghe di successo, ma sovente viene fatto scempio delle fonti ispiratrici per correre dietro a un cinema fantasy adattato per piacere a una platea il più ampia possibile, omologato e rassicurante, ricco di azione frenetica e di effetti speciali invadenti e frastornanti che rendono queste pellicole tutte uguali. Si tratta di una concezione miope che non sempre garantisce risultati soddisfacenti al box-office, in rapporto anche ai notevoli costi di produzione sostenuti.
E’ il caso, ad esempio, di Assassin’s Creed (2016) che ha ottenuto ben 4 candidature ai Razzie Awards ovvero i premi destinati ai film più brutti. Tratto dalla omonima celebre saga videoludica Ubisoft in 9 capitoli, Assassin’s Creed riesce a scontentare tutti, sia i videogamers che il pubblico generalista: ambientato per la maggior parte ai nostri giorni, il film ridimensiona uno degli elementi di maggior fascino del gioco ovvero l’ambientazione in varie epoche storiche e si riduce a un banale live action pieno di combattimenti acrobatici privi di mordente, vanificando anche la presenza di buoni interpreti come Michael Fassbender o Jeremy Irons.
Per quanto riguarda i super-eroi dei fumetti, è andata molto meglio (a livello di incassi) a Spider-Man: Homecoming (2017) tornato in azione nell’ennesimo reboot: eppure nonostante il buon successo, può far male male ai vecchi fan del fumetto Marvel vedere il mitico Uomo Ragno ‘attualizzato’ in una storia dai toni da commedia e rappresentato come un ragazzino ‘bimbo minchia’ per catturare il pubblico dei preadolescenti. E tanto per non esagerare in creatività, gli autori vanno sul sicuro propinandoci il solito Iron Man nel ruolo di balia di Spider-Baby che deve essere fatto entrare a tutti i costi nel confusionario e affollato MCU (Marvel Cinematic Universe); e non aspettiamoci molto, in fatto di originalità, neanche dai formidabili avversari storici dell’Uomo Ragno, infatti troviamo il super-cattivo Avvoltoio rivestito di un’armatura ‘alata’ che lo rende quasi uguale al Goblin dei film precedenti.
Non va meglio per il fantasy classico rappresentato da King Arthur – Il potere della spada (2017), ennesima scialba rivisitazione del mito arturiano: il film è stato un flop da 300 milioni per aver voluto dare un taglio troppo ‘edulcorato’ alla nota storia di Re Artù, cioè niente personaggi femminili di rilievo, niente sesso, tanta azione senza realismo (violenza e sangue ridotti al minimo), le immancabili e superflue attualizzazioni con personaggi di colore che vagano per l’Inghilterra celtico-sassone medievale, solite massicce dosi di CGI… Eppure il successo planetario di un fantasy ‘adulto’ come Il Trono di Spade dovrebbe aver insegnato qualcosa… Se si vuole per forza piacere o essere adatti a tutti, allora tanto vale rimanere nell’ambito di una fiaba classica come La bella e la bestia la cui versione live-action della Disney si è rivelata campione assoluta di incassi nel genere fantastico.
Per capire dove sta andando il cinema fantasy odierno vedremo più in dettaglio tre pellicole, secondo noi esemplificative (nel bene e nel male) delle attuali tendenze, che, pur inserite nelle inevitabili logiche ‘blockbuster’, risultano in qualche modo potenzialmente interessanti anche per via delle fonti importanti da cui traggono ispirazione: un personaggio atipico dei fumetti Marvel, uno dei videogiochi fantasy più celebri e sofisticati di sempre e la saga letteraria fantasy-horror più ambiziosa e complessa di Stephen King.
Doctor Strange
Con un incasso mondiale di oltre oltre 670 milioni dollari (di poco inferiore a quello del più costoso Spider-Man: Homecoming), Doctor Strange (2016) si colloca tra i personaggi Marvel più di successo del 2016. Eppure tra gli eroi della scuderia Marvel, questo ‘strano’ mago non era sicuramente tra le figure più conosciute dal grande pubblico anche se il fumetto si era conquistato un pubblico di nicchia tra gli universitari dei campus americani in piena era psichedelica. Come Deadpool (altro personaggio ‘minore’ della Marvel) si distingue dai suoi colleghi noiosi e omologati per il suo umorismo sboccato e irriverente, così Doctor Strange, figura algida e antipatica, riesce a distinguersi, mantenendo, soprattutto visivamente, quell’aura psichedelica e surreale che era presente nel fumetto originale, creato da Stan Lee e dal disegnatore Steve Ditko nel lontano 1963. Naturalmente la solita azione frenetica e caotica dei film Marvel e la trama poco sviluppata e frettolosa in qualche modo smorzano il potenziale che questo personaggio poteva dare al film. Ma il regista Scott Derrickson (Sinister) grazie anche all’interpretazione di un efficace Benedict Cumberbatch e ai consueti sontuosi effetti speciali (inevitabile non pensare alle prospettive surreali di Inception) riesce a confezionare un piacevole film d’azione dove il talento visionario del primo disegnatore Steve Ditko e del successore Gene Colan viene brillantemente riportato sulla pellicola. Il fascino mistico e fantasmagorico dell’universo del dottor Strange è fatto di dimensioni oscure e aliene abitate da entità soprannaturali malefiche che minacciano il nostro mondo, protetto dal supremo stregone della Marvel. Rispetto agli altri supereroi il dottor Strange agisce su un altro piano di realtà contro nemici invisibili ai più. Questi aspetti ‘dark’ e misteriosi, di ascendenza quasi ‘lovecraftiana’, nel film sono messi parzialmente in secondo piano in favore di un’azione frenetica e spettacolare che vede il nostro dottore menarsi a colpi di kung-fu magico con stuoli di malvagi, passando vertiginosamente da una dimensione all’altra, muovendosi con disinvoltura attraverso ardite geometrie alla Escher. Va detto che c’è del virtuosismo tecnico e registico non indifferente in queste scene d’azione, come ad esempio il vorticoso combattimento che si svolge andando indietro nel tempo, i tentativi di indossare il mantello magico o il confronto finale nella ‘Dimensione Oscura’ rappresentata in modo piuttosto aderente alla grafica ‘lisergica’ delle tavole del fumetto. Detto questo, rimangono alcuni limiti e difetti tipici dei film Marvel: situazioni e personaggi non adeguatamente sviluppati, passaggi narrativi molto sbrigativi (come l’addestramento mistico-marziale di Strange) o confusi, una certa mancanza di spessore e di approfondimento (ad esempio regole e mitologia del multiverso magico-esoterico dove opera Strange), il voler privilegiare i toni leggeri e disimpegnati per cercare di andare incontro ai gusti di una platea il più vasta possibile, senza rischiare nulla. I formidabili antagonisti che il dottor Strange affronta nelle sue storie (come Dormammu o Eternità) sono resi sullo schermo piuttosto debolmente. Il faccione di Dormammu (nella scena del confronto finale con Strange) sa di déjà-vu e di invadente CGI. Poco sfruttato il villain con le occhiaie interpretato da Mads Mikkelsen e anche il rivale Barone Mordo (Chiwetel Ejiofor) è piuttosto incolore. In compenso, verso la fine, abbiamo un interessante richiamo ad alcune inquietanti creature presenti nelle tavole di Steve Ditko: mentre Kaecilius (Mads Mikkelsen) e i suoi seguaci vengono proiettati nella Dimensione Oscura, si può notare che cominciano a trasformarsi in figure strane, amorfe, ognuna dotata di un solo occhio da ciclope, incandescente. Questi sono i Senza Mente, inarrestabili esseri magici che portano distruzione dovunque vanno, temuti anche da maghi potenti come Strange e Dormammu.
Confidiamo nell’inevitabile sequel per vedere ancora il visionario multiverso del dottor Strange rappresentato al meglio.
Trama: Il dottor Stephen Strange è il miglior neurochirurgo del mondo. Viene tuttavia coinvolto in un incidente automobilistico che compromette le sue mani. La sua ex fidanzata e collega di lavoro Christine Palmer cerca di aiutarlo ad accettare la sua condizione, ma Strange l’allontana. Dopo mesi impiegati per trovare un modo per recuperare il pieno controllo delle mani e dopo aver dilapidato il suo patrimonio, Strange viene a conoscenza di Jonathan Pangborn, un paraplegico misteriosamente in grado di camminare. Pangborn invita Strange a raggiungere Kamar-Taj, dove incontra un altro discepolo dell’Antico, Karl Mordo. L’Antico introduce Strange al mondo della magia e delle dimensioni alternative e, nonostante l’iniziale diffidenza, acconsente a istruirlo…
Warcraft – L’inizio
La prima cosa da dire è che Warcraft – L’Inizio (Warcraft – The Beginning, 2016) è il film tratto da videogiochi che ha incassato di più, superando ad esempio Prince of Persia – Le Sabbie del Tempo che in questa particolare classifica deteneva un’ottima posizione. A differenza dell’incerto Assassin’s Creed, in questo caso si decide senza remore di andare incontro al pubblico dei videogamers appassionati di questa saga nata nel lontano 1994 con il titolo per PC “Warcraft: Orcs & Humans“, gioco ‘strategico in tempo reale’ sviluppato dalla Blizzard. Negli anni Warcraft ha ottenuto un’enorme popolarità fino ad evolversi in una piattaforma in grado di far giocare online le moltitudini di fan dell’epopea fantasy. Sicuramente portare sullo schermo questo tipo di gioco non era un impresa facile visto che si ha che fare con delle storie diverse a seconda della fazione/personaggio selezionato. L’ardua missione viene affidata al regista Duncan Jones, regista di personalità e di talento (si veda il fantascientifico Moon) che svolge diligentemente il suo compito facendo partire la storia dagli inizi della saga videoludica, pur consapevole di essere ingabbiato in un tipo di produzione che non può ammettere licenze creative o particolari iniziative. Warcraft – L’Inizio è stato concepito principalmente per i fan del gioco e solo loro possono capire pienamente i numerosi riferimenti ed ‘Easter Eggs’ presenti fin dai titoli di apertura e apprezzare la sostanziale fedeltà alla trama e ai personaggi. Il film è un’orgia di effetti speciali e di grafica digitale e gli eventi narrati sono abbastanza scorrevoli e godibili anche per uno spettatore non particolarmente ferrato sull’argomento. E’ una classica storia fantasy sulla scia del precursore Il Signore degli Anelli dove differenti razze e popoli (umani, orchi, elfi…) vivono in mondi fantastici pieni di magia, eroismo, intrighi e mostri malvagi. Come era lecito aspettarsi il film è stato meno apprezzato dai critici e dai cinefili puristi che probabilmente fanno fatica a considerare vero cinema questo tipo di operazioni rivolte al puro intrattenimento. Semmai il fatto è che, sebbene sia quasi inevitabile la supremazia dell’aspetto tecnologico in film tratti da videogiochi, l’eccesso di computer grafica realistica mette in secondo piano gli attori in carne e ossa, dando l’impressione di assistere a un qualsiasi film d’animazione. La cosa migliore è la rappresentazione degli Orchi (fedelmente ripresi dal videogioco), giganti zannuti simil-Hulk, più espressivi degli interpreti umani. Ovviamente il cinema non può avvalersi dell’interattività del videogioco, quindi a livello narrativo deve appoggiarsi sul background, complesso e articolato nel caso di Warcraft, e trasformarlo in uno spettacolo fruibile e avvincente per lo spettatore cinematografico, come se si dovesse adattare un romanzo o fumetto. In questo Warcraft – L’Inizio centra solo parzialmente l’obiettivo, perché, oltre ai suddetti pregi (apprezzabili soprattutto dai fan), il film condivide anche alcune limitazioni dei film di supereroi, ovvero uno svolgimento forzosamente serrato e incalzante che toglie a vicenda, scenario e personaggi, profondità, pathos e mistero. Ad esempio il colpo di scena sul mago traditore che passa al ‘lato oscuro’ è abbastanza telefonato e prevedibile e il fascino esotico del mondo di Warcraft e i suoi abitanti, ha poco spessore e respiro e non viene percepito appieno dallo spettatore medio, non esperto o appassionato del gioco. Come già accennato, rispetto ai formidabili Orchi, i personaggi umani sono abbastanza scialbi e sottotono a cominciare dall’eroe predestinato Anduin Lothar interpretato dall’incolore Travis Fimmel (irriconoscibile rispetto all’intenso e feroce guerriero Ragnar della serie TV Vikings). Insignificante anche il giovane mago impersonato da Ben Schnetzer. Per finire risulta fuori ruolo e privo di carisma Ben Foster (attore di solito impegnato in parti di delinquente o balordo) che impersona il Guardiano, figura che dovrebbe apparire autorevole e tormentata al tempo stesso. Le battaglie grandiose e spettacolari a colpi di spada, magia ed effetti speciali possono anche suscitare qualche meraviglia ma si tratta di qualcosa di effimero e che non potrà superare quanto già visto ne Il Signore degli Anelli. Forse è significativo il fatto che il film abbia riscosso particolare successo in Cina dove il pubblico non è ancora così assuefatto alle meraviglie degli effetti speciali moderni. Il finale è ovviamente aperto, la grande saga è appena iniziata…
Aspettiamo i probabili sequel (non ancora certi) per dare un giudizio definitivo.
Trama: ll pacifico regno di Azeroth è sul piede di guerra e la sua civiltà di uomini si trova ad affrontare una terribile stirpe di invasori: i guerrieri Orchi in fuga dalla loro terra agonizzante e guidati dall’Orco stregone dalla pelle verde Gul’dan che ha unito i clan in un esercito chiamato Orda, con la promessa di guidarli in un nuovo mondo…
La Torre Nera
Se il sopraccitato Warcraft può essere visto e apprezzato prevalentemente dai fan del videogioco, invece La Torre Nera (The Dark Tower, 2017) è meglio che non sia visto da chi ha letto l’appassionante saga fantasy/western/horror di Stephen King composta da otto volumi e scritta nell’arco di trent’anni. Infatti risultano imperdonabili e ingiustificabili l’estrema compressione della vastissima vicenda e la semplificazione e banalizzazione di personaggi iconici; ovvero ci troviamo di fronte all’ennesimo adattamento concepito per andare incontro ai gusti di un generico pubblico ‘giovane’, facendo scempio del complesso multiverso metaletterario creato dallo scrittore del Maine (che pure sembra aver avvallato e incoraggiato questa ambiziosa ma disastrosa operazione). Ovviamente chi non conosce i romanzi può cercare di godersi un’avventura insolita ambientata in universi paralleli dove un pistolero misterioso (evidente versione western dei cavalieri medievali fantasy) deve salvare la Terra (e gli altri mondi) da un malvagio stregone che mira a distruggere la mitica Torre Nera che garantisce la stabilità e l’esistenza di tutti mondi del multiverso. Del resto La Torre Nera di Nikolaj Arcel è partito subito male con dissidi, contrasti, e cambi di regista in corsa (a un certo punto era stato chiamato a dirigere anche Ron Howard…). E così l’iniziale curiosità o interesse che può provare un qualsiasi spettatore, si trasforma in perplessità e delusione di fronte a questa stringato, frettoloso e confuso adattamento del ciclo di romanzi. Non si capisce neanche se il film vuole essere semplicemente un capitolo introduttivo a futuri seguiti o un sequel-epilogo che chiude la vicenda dei romanzi (c’è infatti una resa dei conti finale…), come se fino all’ultimo in casa Sony si fosse rimasti incerti sul successo della saga. Questa opera letteraria di King è in effetti troppo complessa e ricca di sottotrame e personaggi per essere rappresentata in un solo film. Ma finora gli incassi piuttosto deludenti non fanno ben sperare…
Il fascino e il mistero di una storia ambientata in mondi paralleli (collegati tra loro da magici ‘portali’) e l’epicità del confronto tra i due protagonisti [il pistolero Roland Deschain (Idris Elba) e l’Uomo in Nero, lo stregone Walter Padick (Matthew McConaughey)], sono quasi del tutto assenti dalla pellicola. Nulla viene approfondito e tutto scorre via senza lasciare traccia. Ci si deve accontentare superficialmente di qualche rimando all’opera di King (It, Shining…), di qualche location ‘aliena’, delle acrobazie balistiche dei revolver ‘Excalibur’ del pistolero Roland contro la magia dell’Uomo in Nero, o dei tirapiedi dello stregone, inquietanti creature che indossano pelli umane. Anche gli effetti speciali in CGI non sono eccezionali. A livello di interpretazioni, si distingue Idris Elba (seppur non siano mancate critiche per l’utilizzo di un attore di colore per il pistolero Roland che Stephen King aveva immaginato come un tipo alla ‘Clint Eastwood’) nella parte del cowboy laconico e tormentato che si trova ad instaurare con il ragazzino incompreso Jake (Tom Taylor) dotato di facolta paranormali (situazione molto fantasy anni ’80) un legame convincente e credibile che ogni tanto riesce a creare qualche momento umoristico. Il potente stregone interpretato dal solitamente carismatico McConaughey è invece un cattivo bidimensionale, senza sfumature e dalle motivazioni nebulose.
I fan di King potranno forse consolarsi con il progetto in corso di una serie televisiva ad opera dello sceneggiatore Glen Mazzara che speriamo ignori questa sciagurato adattamento.
Trama: Il giovane newyorkese Jake Chambers, tormentato da visioni inspiegabili, si trova ad attraversare un misterioso portale e a ritrovarsi in un’altra dimensione, il Medio-Mondo, in cui incontra e si unisce al misterioso Roland Deschain, un pistolero in cerca di vendetta nei confronti del malvagio Uomo in Nero, lo stregone Walter Padick, che intende abbattere La Torre Nera, scatenando così le tenebre nell’universo…