C’era una volta il film per ragazzi, e c’è ancora, sebbene le case cinematografiche preferiscano investire in pellicole potenzialmente più redditizie, rivolte alla platea più ampia degli adolescenti e dei giovani adulti. Accanto alle celebrate saghe di Guerre Stellari, di Harry Potter e dei Pirati dei Caraibi, o ai cartoni animati farciti di canzoni e numeri di musical spunta di tanto in tanto un titolo dedicato all’infanzia. Il Re dei Ladri (2006), diretto da Richard Claus e tratto dall’omonimo romanzo di Cornelia Funke, scrittrice tedesca resa celebre dalla Trilogia del Mondo d’Inchiostro (dal cui primo romanzo Cuore d’inchiostro è stato tratto il film Inkheart del 2008), è proprio una di queste rarità.
Con Il Re dei Ladri sembrerebbe di essere tornati indietro nel tempo, se non fosse per una buona dose di intelligenti innovazioni che danno brio alla narrazione. Gli ingredienti tipici del vecchio cinema per giovanissimi ci sono tutti: c’è una banda di orfanelli di dickensiana memoria, un ragazzo di famiglia ricca incompreso ed oppresso da un padre padrone, e tanti personaggi apparentemente burberi. Fin dalle prime sequenze ambientate a Venezia, lo spettatore è certo di assistere ad un’avventura spruzzata di magia e di buoni sentimenti, a lieto fine.
I protagonisti finalmente sono davvero a misura di bambino: la vicenda narra le avventure di Boniface ‘Bo’ (Jasper Harris) e Prosper (Aaron Johnson), due fratelli rimasti orfani. Gli zii li vorrebbero separare, adottando solo il piccolo ed ingenuo Bo e abbandonando il vispo adolescente Prosper. I due scappano a Venezia, città tanto amata dalla madre; soli e privi di mezzi vengono accolti dal misterioso Scipio il Re dei Ladri (Rollo Weeks), un adolescente che li ospita in un vecchio cinematografo dismesso e provvede a loro tramite i proventi di furti di oggetti preziosi. O almeno, così crede la banda di orfani che condivide la sala: la realtà è assai più triste. Fino a qui, la trama è assai convenzionale, ed anche gli orfanelli rispettano più o meno gli stereotipi delle produzioni per l’infanzia. Il gruppo è formato da Mosca, appassionato di meccanica, da Riccio, un monello dalla chioma rossa ispida, e da Vespa, tesoriera coraggiosa; tutti i ragazzi sono ben riconoscibili e le differenze caratteriali sono ben marcate.
La ventata di novità giunge dal Re dei Ladri in persona. La carismatica figura è un adolescente dalla doppia vita, rampollo di un borioso patrizio, proprietario di molti beni immobiliari. Trascurato negli affetti dal padre, separato dalla madre, Scipio sottrae gli oggetti di minor valore dalla dimora di famiglia e fa credere agli amici di averli rubati. Ammantato in un trench scuro e col volto coperto da una bautta nera, Scipio si inventa un ruolo da protagonista, quello di Re dei Ladri. Il personaggio sfugge così agli stereotipi del brutto anatroccolo destinato a divenire cigno, o del predestinato eroe obbligato a surclassare gli adulti inetti. Scipio è vittima della solitudine e della mancanza di stabilità affettiva, vive un presente inappagante e agisce un po’ come certi adulti frequentatori assidui dei social network. Le chat brulicano di persone deluse coperte dall’anonimato di un monitor; si reinventano una vita tutta virtuale, fatta di foto ritoccate ad arte e di bugie bianche. In modo analogo Scipio indossa la maschera e sfrutta la fragilità dei poveri orfani per crearsi un avatar vincente. Prosper, adolescente maturato dalle esperienze della vita si arrabbia quando scopre la verità, tuttavia comprende il dramma e perdona l’inganno all’amico. Scipio si rende conto di aver abusato della credulità dei ragazzi, e sa come solo un aspetto adulto gli permetterà di affrancarsi dal padre tirannico.
Nel film la riflessione viene smorzata, sebbene resti il motivo scatenante delle bizzarre avventure dei ragazzi. Un misterioso Conte vuole a tutti i costi riappropriarsi di un’ala di legno, parte di una giostra donata nel secolo scorso ad un orfanotrofio della laguna. Vuole ricostruire il carosello perché è convinto di poter tornare giovane salendo su una delle figure rappresentate. Tramite un viscido antiquario contatta Scipio e la sua banda, che si imbarcano nella pericolosa impresa.
Il mondo adulto viene rappresentato in modo grottesco e caricaturale, a partire dai coniugi Hartlieb, zii dei due fuggitivi, persone ottuse chiuse nel loro piccolo mondo. E non è migliore il distaccato padre di Scipio, oppure Barbarossa, antiquario incline alla ricettazione di preziosi. La fotografia dà il suo contributo per marcare la distanza che separa il mondo dei ragazzi, caldo, da quello degli adulti, freddo. Per fortuna non tutti i maggiorenni sono creature senza cuore, ci sono persone come Victor e Ida. L’investigatore privato viene assoldato dai pretenziosi signori Hartlieb giunti in fretta e furia a Venezia con l’intenzione di ritrovare i nipoti. La fotografa Ida vive in una dimora storica e possiede l’ala tanto agognata. I due, uniti da un’affettuosa amicizia in cui è sempre la donna a fare la prima mossa, riescono a calarsi nelle emozioni dei piccoli. Sono entrambi rassicuranti figure genitoriali, tanto che alla fine delle disavventure scelgono di vivere insieme e di prendersi cura dei ragazzi. Diverranno una famiglia un po’ sopra le righe, come è necessario per poter accattivarsi le simpatie degli adulti di oggi.
Il più grande merito della pellicola è proprio l’aver dato nuova vita ad un genere che poteva dirsi ormai tramontato, senza snaturare l’essenza stessa di quel tipo di cinematografia. Le concessioni al gusto attuale si limitano soprattutto agli aspetti formali, al montaggio ben ritmato, ai misurati effetti speciali, a una colonna sonora dal tema principale importante, e alla dolente figura di antieroe di Scipio.
Accanto ai momenti un po’ stereotipati, con situazioni ereditate dalla slapstick comedy e citazioni delle gag viste nelle vecchie comiche delle Simpatiche canaglie (1922-1944), c’è qualche sequenza un po’ melensa, sempre stemperata da gag, interrotta sul più bello da inseguimenti, oppure da eventi sovrannaturali, tutti raccontati con buon mestiere.
Non è dato sapere se la vicenda accada ai giorni nostri o se invece è ambientata qualche decennio fa, poiché non appaiono computer o cellulari, gli abiti indossati dai protagonisti sembrano genericamente classici o fuori moda, i vaporetti hanno l’aria stanca dei mezzi pubblici, e le barche dei privati sono mezzi di locomozione privi di lussi. I rari ritocchi realizzati con le grafica digitale animano le cinque statue delle creature leggendarie che suggestionano la fervida fantasia di Bo e si ritrovano intagliati nel legno sulla giostra magica. L’incantesimo del carosello capace di far crescere o di ringiovanire è tutto affidato ad effetti speciali tradizionali, fumo, scintille, luci nella fitta nebbia e tanta fantasia.
Tanta indeterminatezza rafforza nello spettatore l’impressione di trovarsi in una fiaba, piuttosto, in un racconto di formazione sui generis. Il Re dei Ladri è, almeno in parte, un dialogo sul crescere, rivisitato con lo sguardo di un uomo contemporaneo. Se un tempo raggiungere la vecchiaia equivaleva ad aver accumulato esperienze preziose e saggezza, oggi la maturità viene percepita come decadenza. Accanto a ragazzi che non vedono l’ora di diventare uomini per poter prendere in mano il proprio destino, ci sono adulti pronti a tutto per recuperare la gioventù, come il Conte e la sua sorella, o l’antiquario, che vuol tornare ragazzo per liberarsi dagli acciacchi. Cornelia Funke demolisce l’utopia dell’infanzia intesa come un’età spensierata e ingenua. I bambini possono vivere situazioni dolorose, e quando si rapportano con la realtà sono penalizzati dalla mancanza di esperienze e di istruzione; sanno bene cosa desiderano e male accettano ‘premi di consolazione’. Una gag lascia poi trapelare il pericolo della pedofilia: lo stesso Victor finisce interrogato dalla polizia dopo che Vespa, pur di far fuggire i suoi amici, lo ha fatto credere un molestatore. La condizione di adulto non è sempre l’invidiabile coronamento dell’esistenza; molti sono tristi e nervosi, faticano a porsi in ascolto dei piccoli, sarebbero o sono pessimi genitori, ed altri non hanno avuto l’occasione di diventarlo. C’è anche chi coltiva desideri di difficile realizzazione e della passata giovinezza rimpiange la possibilità di compiere scelte più coerenti con le proprie ambizioni. Ci sono bambini che hanno le idee molto chiare e adulti capricciosi, pronti illudersi di poter comprare anche la felicità e davanti ai fallimenti sfogare le frustrazioni sui più deboli. L’età anagrafica difficilmente corrisponde a quella della persona, intesa in tutte le sfumature della sua psiche, pare suggerire l’autrice, in una serie di momenti intimisti che animano le pagine e donano profondità a tutti i personaggi.
La pellicola necessariamente riassume le riflessioni in poche significative sequenze; restano sullo sfondo e sono necessarie allo svolgersi della vicenda quanto lo sono i magnifici monumenti. Senza quei momenti preziosi, senza le architetture di Venezia e le calli, le avventure di Scipio e dei suoi amici sarebbero state l’ennesima riproposizione di situazioni e personaggi stereotipati e stantii. La pellicola evita il senso di deja-vu grazie alla potente atmosfera di realismo magico che circonda gli eventi e può far presa anche sugli spettatori adulti. Ovviamente ci sono anche momenti assai ingenui, probabilmente sgraditi agli spettatori più smaliziati. Scipio può entrare ed uscire da casa a qualsiasi ora, anche di notte quando la presenza del padre dovrebbe scoraggiare le escursioni. L’investigatore indossa parrucche, barba e baffi visibilmente posticci; nessuno dubita delle sue identità, a parte Ida. Ernesto Barbarossa conosce il nascondiglio dei ragazzi e vi entra insieme alla polizia, proprio lui che da ricettatore dovrebbe star lontano dalle forze dell’ordine. Gli inseguimenti ricordano le vecchie comiche, tutti sono impacciati con le armi da fuoco, anche l’investigatore…
Gran parte delle soluzioni narrative sono coerenti con le intenzioni del regista: la sua è una pellicola consapevolmente anacronistica. Richard Claus rifiuta i compromessi del cinema per teenager di oggi, con i giovani debuttanti attorniati da sex symbol per compiacere i genitori, tanti effetti speciali, il montaggio degno di un videogioco, e svariate sequenze paurose quanto basta. La possibilità di dare un taglio adulto alla vicenda era a portata di mano, così come era possibile sfruttare il successo della saga di Harry Potter, senza neppure far lievitare i costi. Era sufficiente affidare i ruoli adulti a professionisti di aspetto piacente, enfatizzare le visioni di Bo, suggerire atrocità e pericoli mostrando ombre minacciose nei vicoli. Volutamente la vicenda ha preso un’altra direzione: il linguaggio narrativo usato è quello adatto ai giovanissimi, e le ingenuità sono frutto della precisa volontà di rivolgersi a loro. A riprova delle intenzioni, il regista fa a meno di elargire chiarificazioni prosaiche degne di uno squallido show poliziesco, e suggerisce allo spettatore disincantato le possibili motivazioni con brevi cenni nelle battute. Lascia così intravedere qualche dettaglio significativo inquadrandolo di sfuggita, oppure dà rilievo all’ambientazione tanto particolare, una Venezia dalla doppia vita, di giorno chiassosa Disneyland per turisti e di notte, muta custode di segreti arcani. Le scelte narrative sono sempre molto coerenti e adatte al contesto di una vicenda a lieto fine, priva di violenza e di allusioni sessuali.
Il Re dei Ladri è un film per bambini e apparentemente fa ben pochi sforzi per accattivarsi le attenzioni degli adulti smaliziati. Si rivolge ad una fascia d’età abbastanza ristretta e dal punto di vista commerciale probabilmente la scelta è limitante… eppure sono proprio le caratteristiche ‘scomode’ a rendere questa pellicola memorabile. Negli ultimi anni le sale cinematografiche sono state invase da film con giovani protagonisti; in molti casi si tratta di emuli insipidi di Harry Potter o di Indiana Jones, creature piombate sugli schermi con l’ovvia intenzione di conquistare i botteghini piacendo a tutti. Difficile affezionarsi in modo duraturo a questi eroi belli e privi di personalità, declinati in tutte le possibili varianti. Il Re dei Ladri segue tutt’altra estetica e, forte del pregevole romanzo che è alla base delle sue avventure, risente meno delle mode. Può così rivolgersi ai bambini proponendo un’avventura fiabesca, e ad alcuni adulti, porgendo loro una riflessione sullo scorrere del tempo dagli esiti inaspettati.
Titolo Originale: The Thief Lord
Regia: Richard Claus
Anno: 2006
Sceneggiatura: Richard Claus (da un soggetto di Cornelia Funke)
Durata: h 1.40
Nazionalità: Lussemburgo, Germania, Gran Bretagna
Interpreti: Aaron Johnson, Jasper Harris, Rollo Weeks, Alice Connor, George MacKay, Lathaniel Dyer, Jim Carter, Caroline Goodall, Alexei Sayle, Carole Boyd