Universi Paralleli:
un Viaggio Attraverso Dimensioni Alternative
(1° parte)
L’idea di universi paralleli, intesi come realtà nascoste ai nostri comuni sensi, ha affascinato gli esseri umani per secoli, ma è grazie alla fantascienza letteraria, poi trasposta in immagini – specialmente in film e serie TV – che questo concetto ha trovato una rappresentazione visiva coinvolgente e suggestiva. Da un punto di vista prettamente scientifico solo in tempi recenti una serie di intuizioni teoriche hanno portato gli scienziati (fisici, cosmologi, matematici) a considerare la possibilità che il nostro sia solo uno di molti universi. In particolare la fisica quantistica e la teoria delle stringhe hanno permesso di ipotizzare l’esistenza del ‘multiverso’ : la teoria del multiverso solleva domande profonde sulla natura della realtà e sulla nostra posizione nell’universo. Se esistono infiniti universi, ciò implica che potrebbero esserci infinite versioni alternative di noi stessi e di eventi storici. Attraverso questi scenari alternativi e mondi paralleli, registi e sceneggiatori non hanno esitato a esplorare le infinite possibilità di vite alternative, decisioni differenti e realtà sconosciute. Potrebbero rientrare nel genere anche quei film sui viaggi nel tempo dove determinate azioni effettuate nel passato o nel futuro determinano diverse ramificazioni della realtà, creando quindi diversi universi o mondi alternativi (fantascienza ucronica). Senza dimenticare gli innumerevoli universi della mente, onirici o simulati artificialmente da qualche diabolica tecnologia.
In questa sede non è possibile elencare tutti i romanzi e racconti di fantascienza e fantasy che hanno utilizzato la tematica degli universi paralleli o dimensioni alternative. In sintesi, giusto per citare qualche ‘classico’ del genere, ricordiamo che il viaggio tra gli universi paralleli e le ‘porte tra i mondi’ erano già presenti nel romanzo The blind spot (1921) di Homer Eon Flint e Austin Hall. Altro caposaldo su questo tema è il racconto Bivi nel tempo (Sidewise in Time, 1934) di Murray Leinster, considerato tra le prime opere a trattare il concetto di universi paralleli e di “sentieri paralleli” del tempo (ucronia) sotto un aspetto più (fanta)scientifico e meno fantastico-avventuroso. Questo espediente narrativo ha in seguito influenzato innumerevoli altri autori come Philip K. Dick, Poul Anderson e Harry Turtledove che si sono sbizzarriti nella creazione di svariati scenari ucronici di storia alternativa, dove gli eventi storici come noi li conosciamo hanno preso una piega diversa. Altri autori hanno ampliato ulteriormente gli orizzonti offerti dagli universi paralleli immaginandosi organizzazioni e imperi che controllano gli innumerevoli mondi del multiverso (su tutti I Mondi e l’Impero, di Keith Laumer – 1962/1968 e il ciclo di storie sulla “polizia paratemporale” di H. Beam Piper degli anni ’50). In Neanche gli dei (The Gods Themselves, 1972) di Isaac Asimov, si immaginano degli alieni che abitano un universo parallelo con leggi fisiche diverse da quelle che noi conosciamo. Poi ci sono le realtà virtuali o simulate della fantascienza ‘cyberpunk‘ lanciata per la prima volta dall’innovativo romanzo di William Gibson Neuromante pubblicato nel 1984. In ambito fantasy, sin troppo affollato di multiversi e dimensioni magiche, citiamo tra le opere più suggestive il ciclo del Campione Eterno di Michael Moorcock, il ciclo de La torre nera (The Dark Tower, 2004) di Stephen King, e le ineguagliabili Cronache di Ambra (1970-1991) di Roger Zelazny. Il mondo di Ambra e tutte le sue ‘ombre’ proiettate (che costituiscono infiniti mondi tra cui la nostra Terra) hanno finora ispirato un gioco di ruolo, un videogioco (e a quanto pare anche la saga de Il Trono di Spade di George Martin) ma non ancora direttamente una serie TV o film.
Ecco una panoramica sui film di fantascienza più influenti e avvincenti che hanno trattato il tema degli universi paralleli.
Film su universi paralleli e dimensioni alternative
Delitto in Quarta Dimensione (1959)
Prima degli anni ’60 risulta difficile trovare pellicole di fantascienza che trattano il tema degli universi paralleli, viaggi temporali o realtà alternative, almeno così come sono concepite oggi. Però nell’epoca cinematografica dei monster movies e degli esperimenti scientifici pericolosi ad opera di scienziati folli o semplicemente avventati, ci sono dei film, rigorosamente B movie, con protagonisti sventurati che si ritrovano a sperimentare sulla loro pelle il contatto con nuove dimensioni della fisica. E’ il caso del classico Radiazioni BX: distruzione uomo (The Incredible Shrinking Man, 1957), dove il protagonista si ritrova suo malgrado a visitare la dimensione dell’infinitamente piccolo dopo essere venuto in contatto con una misteriosa nube di gas che provoca nel suo corpo un processo di rimpicciolimento infinito. Meno noto è il curioso Delitto in Quarta Dimensione (4D Man, 1959) di Irvin Yeaworth dove uno scienziato acquisisce incidentalmente la facoltà di passare attraverso gli oggetti solidi ma a caro prezzo. Come accade spesso in questo tipo di pellicole, la plausibilità scientifica latita, soprattutto quando, ingenuamente, si cerca di spiegare il processo di penetrazione della materia solida aggiungendo un superfluo ricorso alla forza di ‘volontà’, oltre alle consuete apparecchiature tecnico-scientifiche.
Scott e Tony Nelson, due fratelli scienziati, mettono a punto un amplificatore che permette agli esseri umani di entrare nella quarta dimensione e passare attraverso ai corpi solidi. Quando Scott sperimenta l’amplificatore su se stesso, scopre che ogni volta che entra nella quarta dimensione la sua età cresce rapidamente e per recuperare energia vitale e giovinezza comincia ad uccidere le persone. Soltanto la fidanzata Linda e il fratello Tony saranno in grado di fermare la sua furia omicida.
L’anno scorso a Marienbad (1961)
Oltre gli sgangherati B-movies e prima delle ardite speculazioni della fisica quantistica, abbiamo anche un certo cinema fantastico, non realistico, di stampo intellettuale e sperimentale che ci introduce in dimensioni surreali, quasi oniriche, piene di enigmatici simbolismi. E’ il caso del film L’anno scorso a Marienbad (L’Année dernière à Marienbad, 1961) diretto dal maestro della ‘nouvelle vague’ Alain Resnais e vincitore del Leone d’oro al Festival di Venezia del 1961. Ambientato in un grande hotel che sembra collocato fuori dal tempo e popolato da una clientela che sembra seguire meccanicamente un copione prestabilito, questo film dallo svolgimento criptico si è sempre prestato a diverse chiavi di lettura, anche contrastanti, che potrebbero farlo rientrare, seppur con qualche forzatura, nelle tematiche di genere fantastico o fantascientifico esposte in questo articolo. C’è chi ha ravvisato nel complesso meccanismo narrativo elaborato da Resnais e dallo sceneggiatore e romanziere Alain Robbe-Grillet la messinscena di un mondo apparentemente sospeso in una dimensione atemporale, dove diverse linee temporali di possibili eventi si affiancano e si sovrappongono, allontanandoci da una realtà univoca e incontrovertibile. Un uomo cerca di convincere una donna di essersi già incontrati in passato e di avere avuto una relazione. Lei non ricorda, o forse finge. Un altro uomo (forse il sinistro marito della donna) si cimenta in vari giochi, vincendo sempre contro gli avventori dell’albergo. I ricordi del protagonista e voce narrante della storia (interpretato da Giorgio Albertazzi) alla fine si fanno incerti e confusi dando vita a diverse possibilità o realtà alternative. Forse il non luogo dove si svolge la vicenda, descritto come “immenso, lugubre, barocco”, è la proiezione di una mente sconvolta? Sappiamo di sicuro che lo scrittore Robbe-Grillet apprezzava “L’invenzione di Morel“, romanzo fantastico di Adolfo Bioy Casares (che sarà trasposto in film qualche anno più tardi in Francia e in Italia) di cui L’anno scorso a Marienbad sembra una rilettura in chiave metafisica. Difficile non pensare al cinema di David Lynch dove tempo, spazio e sogno sono gli elementi fondanti di mondi surreali e incomprensibili. Nel finale vediamo i due possibili amanti allontanarsi nella notte dal palazzo labirintico di Marienbad. E’ accaduto veramente o è soltanto un altro ricordo distorto del protagonista?
Un uomo ed una donna si incontrano di nuovo in un grande e labirintico hotel. Lei nega di conoscere l’uomo ma c’è qualcosa di misterioso che li lega…
L’invenzione di Morel (1974)
Seconda trasposizione dell’omologo romanzo fantastico di Adolfo Bioy Casares del 1941 (dopo quella francese del 1967), questa singolare pellicola italiana di Emidio Greco, prima di Matrix e dopo L’anno scorso a Marienbad, ci presenta una realtà virtuale e illusoria di cui rimane vittima il protagonista, un fuggitivo (Giulio Brogi), naufragato su un’isola apparentemente deserta, che si imbatte in un gruppo di persone, vestite con abiti di un’altra epoca, ma con cui non riesce a comunicare o interagire. Come dei fantasmi, costoro ripetono all’infinito le loro gesta, ignorando il naufrago. Nonostante le atmosfere surreali e oniriche, alla fine la spiegazione del mistero sarà concretamente fantascientifica: lo scienziato Morel anni prima, ha inventato un apparecchio speciale che permette di registrare le immagini (di un gruppo di amici suoi ospiti) e di proiettarle come realistici ologrammi potenzialmente all’infinito. Innamoratosi di una ragazza registrata dall’apparecchio, il naufrago cerca di registrare se stesso con il macchinario, ma con esiti infausti. Le riprese dell’incredibile invenzione memorizzano tutto, anche gli odori e la sensazione tattili ma le sue proiezioni, forse dotate di una certa autocoscienza, rimangono intrappolate in un’eterna ciclicità, rivivendo sempre la stessa giornata vissuta, come si scopre, nel 1929.
Un evaso approda in un’isola deserta, dove scopre un palazzo apparentemente abbandonato, eppure popolato di gente che vi conduce una vita eccentrica e dissipata. Incuriosito e attratto da una delle donne, Faustine, il naufrago cerca di avvicinarsi a lei, ma invano: la donna non mostra di vederlo, è come se egli non esistesse…
Storia allucinante (1971)
Film televisivo americano prodotto dalla rete TV ABC, Storia allucinante (The Deadly Dream) racconta una vicenda ricca di mistero e suspense, senza il filtro di chiavi di lettura simboliche o psicologiche. Il protagonista, (interpretato dal noto attore e caratterista Lloyd Bridges) si ritrova intrappolato in una sorta di incubo ‘kafkiano’ dove alla fine realtà e sogno si confondono in modo inestricabile, proprio come due realtà parallele che entrano in collisione tra loro. Accusato di un omicidio che non sa di aver commesso, lo scienziato Jim non è più sicuro di quale sia il mondo reale. Anche sua moglie (Janet Leigh) e i suoi amici sembrano fare parte della cospirazione. Le atmosfere inquietanti sono quelle di Ai confini della realtà. Se non ricordiamo male (il film è stato trasmesso dalla RAI negli anni ’70 ma attualmente non sembra reperibile neanche in rete) il finale aperto è ambiguo e angosciante, senza una chiara soluzione dell’allucinata vicenda.
Uno scienziato ha sogni ricorrenti in cui viene perseguitato da un misterioso tribunale per qualcosa che non sa di aver fatto. Arriva a realizzare che i suoi sogni potrebbero essere diventati la sua realtà…
Matrix (1999)
Diretto dalle sorelle (ex fratelli) Wachowski, Matrix è un capolavoro che ha ridefinito il genere della fantascienza sia sotto l’aspetto visuale che tematico. Il film esplora una realtà in cui il mondo percepito dagli esseri umani è in realtà una simulazione creata da macchine che hanno soggiogato il genere umano. La pellicola è diventata un cult della fantascienza ‘cospirazionista’, ovvero quella che raffigura la nostra realtà quotidiana come un inganno, un artificio o illusione creati da qualche entità superiore o potere occulto per controllare o dominare il genere umano. In precedenza solo Essi vivono (1988) di John Carpenter aveva affrontato la tematica di una realtà illusoria creata per ingannare la razza umana, vittima di una silenziosa e subdola invasione aliena, evidente allegoria e critica sociale della nostra società consumista/capitalista manipolatrice di menti. In Matrix la scelta tra la “pillola rossa” e la “pillola blu” è diventata un simbolo della scelta di esplorare o ignorare la verità. Matrix ha influenzato la rappresentazione degli universi paralleli e simulati, offrendo una riflessione profonda sulla percezione della realtà e sul potere della scelta. L’iconico Neo di Keanu Reeves è la figura messianica che conosce la verità e salverà l’umanità dal dominio delle macchine. I successivi film della saga non hanno aggiunto molto a questo primo folgorante capitolo.
Il programmatore di computer Thomas A. Anderson scopre di vivere in una simulazione creata da macchine che tempo prima avevano combattuto e vinto una guerra contro gli umani, schiavizzandoli quasi tutti. Scopre anche, pur essendo incredulo inizialmente, che lui è Neo, l’Eletto in grado di salvare l’umanità e di controllare la Matrice…
Sliding Doors (1998)
In un tono più leggero da commedia ma altrettanto affascinante, Sliding Doors esplora il concetto di vite alternative quando si trovano di fronte a un bivio. Il film segue due possibili linee temporali della protagonista, interpretata da una brillante Gwyneth Paltrow che si sdoppia in due personaggi, basate sul fatto che prenda o meno una metropolitana. Con un approccio realistico e non fanta-tecnologico, Sliding Doors mostra come anche le decisioni più piccole possano creare universi paralleli con conseguenze totalmente diverse. Il film di Peter Howitt affronta con intelligenza l’eterno dilemma se la nostra vita sia guidata dal caso o da un destino predeterminato.
La pubblicista londinese Helen, scivola senza sforzo tra storie parallele che mostrano cosa succede se prende o meno il treno mattutino per tornare al suo appartamento….
Donnie Darko (2001)
Donnie Darko, film cult del 2001 diretto da Richard Kelly, è un’opera enigmatica e affascinante che, attraverso atmosfere cupe e un complesso intreccio narrativo, esplora il mondo dei viaggi temporali e degli universi paralleli. Ambientato nel 1988, il film segue le vicende di Donnie Darko, un adolescente problematico interpretato da un magnetico Jake Gyllenhaal, che si trova coinvolto in eventi strani e inquietanti, guidato da una presenza oscura: Frank, un coniglio dall’aspetto sinistro che lo avverte di un’imminente fine del mondo.
Il cuore della trama ruota attorno a concetti di viaggi nel tempo e universi paralleli, temi che emergono progressivamente, portando la narrazione a un livello complesso e intrigante. La scoperta di Donnie di un libro sulla teoria del viaggio nel tempo, scritto dall’enigmatica insegnante Roberta Sparrow, lo conduce a riflettere sulla possibilità di alterare il proprio destino. Il regista esplora l’idea che la realtà possa biforcarsi in percorsi alternativi, suggerendo che le scelte di un individuo possano condurre a conseguenze radicalmente differenti. Il viaggio temporale in Donnie Darko non è trattato come un mero espediente per creare effetti speciali spettacolari, ma piuttosto come una metafora della percezione soggettiva della realtà. Il film propone una struttura narrativa circolare, che invita il pubblico a interrogarsi sulla natura del libero arbitrio e del destino. Donnie sembra trovarsi intrappolato in un loop temporale che può risolversi solo con un sacrificio finale, portando alla luce il quesito se la sua missione sia davvero il frutto di una scelta consapevole o se sia predestinato a seguire un determinato percorso.
Frank, la misteriosa e grottesca figura del coniglio, rappresenta una sorta di guida per Donnie, ma allo stesso tempo incarna una presenza disturbante e ambigua. La sua apparizione segna l’ingresso di Donnie in una dimensione parallela, che mette in dubbio la solidità della sua percezione e il confine tra follia e visione.
Donnie Darko è un adolescente disturbato proveniente da una famiglia semi-disfunzionale della classe medio-alta, dotato di un intelletto acuto e di una fervida immaginazione, ma è anche un po’ strano. Donnie non prende più i farmaci e quando la sua noia viene spazzata via dalla caduta di un motore di un aereo, diventa sempre più delirante e convinto che il mondo finirà tra 28 giorni. Aiutato da un amico immaginario, intraprende una serie di azioni sempre più folli, che inorridiscono i suoi insegnanti, spaventano i suoi genitori e stupiscono i suoi amici…
The Butterfly Effect (2004)
The Butterfly Effect, diretto da Eric Bress e J. Mackye Gruber e interpretato da Ashton Kutcher, è un thriller psicologico dall’andamento incalzante che esplora l’intrigante concetto di come piccole decisioni possano alterare drammaticamente il corso della vita. Il titolo del film stesso si ispira alla teoria del “butterfly effect” (effetto farfalla), secondo cui un evento insignificante come il battito d’ali di una farfalla può scatenare una catena di eventi imprevedibili e con vastissime ripercussioni. Il film approfondisce questa idea attraverso temi di bivi temporali e universi paralleli, portando lo spettatore in un viaggio oscuro e complesso nel subconscio del protagonista.
L’aspetto degli universi paralleli viene esplorato attraverso i vari scenari che si creano ogni volta che Evan cambia un momento chiave del suo passato. Ogni nuova realtà rappresenta un universo alternativo in cui le vite dei personaggi principali – amici, familiari e amori di Evan – prendono percorsi diversi e si trasformano profondamente in base ai cambiamenti che lui ha apportato. Questo concetto di multiverso è un elemento intrigante del film, che sfida la linearità temporale e suggerisce l’esistenza di infinite possibilità, ognuna con una propria logica e conseguenze. Tuttavia, il film mette anche in luce l’effetto destabilizzante di questi cambiamenti sulla psiche del protagonista, che viene progressivamente consumato dai tentativi infruttuosi di manipolare la realtà.
Evan Treborn, un giovane con un passato traumatico, dopo aver scoperto la capacità di viaggiare nel tempo tramite i propri ricordi, cerca di modificare alcuni momenti chiave della sua vita per rimediare agli errori commessi e migliorare la sua realtà. Ogni volta che Evan modifica un evento nel passato, si ritrova in un nuovo “presente” con conseguenze che, invece di risolvere i suoi problemi, ne creano di nuovi…
The Door (2009)
Già analizzato nell’articolo sul “cinema del doppio“, The Door (Die Tür), diretto dal regista tedesco Anno Saul, è un thriller psicologico con venature di fantascienza che esplora i temi del rimorso, del destino e delle scelte morali. Un pittore di successo, David Andernach (interpretato da un intenso Mads Mikkelsen), vede naufragare la sua vita perfetta a causa della tragica morte della figlia, causata da un suo errore che non riesce a perdonarsi. La scoperta, apparentemente casuale, di un portale misterioso gli permette di tornare indietro nel tempo e, in un certo senso, di riscrivere la sua vita. Tuttavia, questa seconda possibilità si rivela un’arma a doppio taglio, portandolo a scelte che lo spingeranno a interrogarsi profondamente sulle sue priorità e sulla sua morale. La regia di Anno Saul è abile nel mantenere alta la suspense, costruendo l’intreccio con un ritmo che alterna momenti di tensione psicologica a rivelazioni sorprendenti. La sceneggiatura si basa su una premessa classica (il ritorno al passato e la possibilità di modificare gli eventi) e la sviluppa in modo originale, introducendo temi di ambiguità morale. Lo spettatore è spinto a riflettere su domande complesse: cosa saremmo disposti a sacrificare per una seconda chance? E quali sarebbero le conseguenze delle nostre azioni? Un’aria di mistero e angoscia è sempre presente, rendendo ogni scena imprevedibile e quasi onirica. Sicuramente si tratta di uno dei migliori film sul tema. Non tutte le questioni vengono esplorate fino in fondo come nel caso del misterioso portale temporale/dimensionale di cui non viene rivelata l’origine, anche se altre persone sembrano essere a conoscenza della sua esistenza.
Un misterioso portale temporale permette al pittore David di accedere a una realtà alternativa situata nel recente passato dove può rimediare a un suo tragico errore (salvare la figlia annegata). Ma dovrà confrontarsi con il suo doppio più giovane…
Inception (2010)
Questo thriller psicologico di Christopher Nolan (già recensito qui) esplora gli universi paralleli onirici costruiti nella mente, con una messinscena spettacolare dichiaratamente fantascientifica corredata da sontuosi effetti speciali visivi che faranno scuola in varie pellicole successive (come nel film russo Coma del 2019). Seguendo un gruppo di “estrattori” che entrano nei sogni delle persone con apposite tecnologie per influenzarne i pensieri, Inception gioca con il concetto di sogni condivisi e di livelli di realtà interconnessi. La trama complessa e stratificata del film ha reso Inception un’opera canonica nel suo approccio alle realtà alternative, esplorando temi come la perdita, il senso di colpa e la differenza sottile tra sogno e realtà, come dimostra l’ambiguo finale.
Dominic “Dom” Cobb è un professionista che si occupa di “estrarre” segreti dalle menti delle persone mentre queste dormono, infiltrandosi nei loro sogni tramite un apparecchio a timer in suo possesso, che permette a un gruppo di persone di partecipare a un “sogno condiviso”. Cobb, un giorno, riceve un incarico diverso: entrare nei sogni di un potente uomo d’affari erede di una multinazionale dell’energia ed ‘innestargli’ un’idea che lo porti a smantellare il suo impero…
Another Earth (2011)
Another Earth è un film del 2011 diretto da Mike Cahill, una delle opere più significative del cinema indipendente contemporaneo. Combinando fantascienza e dramma intimista, il film esplora temi profondi come il rimorso, la redenzione e il desiderio di una seconda possibilità. La narrazione si sviluppa su una trama apparentemente fantascientifica ma intrinsecamente umana, resa memorabile da una regia attenta e da un’interpretazione straordinaria di Brit Marling. Il regista adotta un approccio minimalista, mantenendo il focus sulle emozioni dei personaggi piuttosto che sugli elementi spettacolari della fantascienza. La sceneggiatura, co-scritta con Brit Marling, intreccia abilmente introspezione e simbolismo, lasciando spazio a numerose interpretazioni. Il tutto prende avvio da un evento straordinario: la comparsa di un pianeta identico alla Terra, soprannominato “Terra 2”. La protagonista, Rhoda Williams divorata dai sensi di colpa per aver provocato in un incidente stradale la morte di una madre e di suo figlio, cercherà disperatamente di espiare la sua colpa intrecciando una relazione con John, l’uomo sopravvissuto alla disgrazia, a cui ha sterminato la famiglia. L’incredibile scoperta che su Terra 2 sembrano vivere delle versioni identiche di noi stessi alimenterà la speranza di Rhoda di poter rimediare al suo tragico errore e di rifare le proprie scelte, immaginando un futuro diverso. L’idea di Terra 2, seppur stimolante e suggestiva da un punto di vista fantascientifico, rimane principalmente sullo sfondo e potrebbe lasciare delusi coloro che si aspettavano un’esplorazione più scientifica o visivamente spettacolare del tema. Nonostante l’approccio volutamente introspettivo e struggente utilizzato da Cahill, Another Earth ci riserva qualche ‘sorpresa’ nel finale che lascia intendere che le cose potrebbero essere andate meglio per Rhoda su Terra 2.
Troviamo lo stesso spunto narrativo su una terra doppia, speculare alla nostra, nel film britannico Doppia immagine nello spazio (1969).
Mentre nello spazio vicino appare una seconda terra che sembra del tutto identica alla nostra, Rhoda Williams, una brillante studentessa di astrofisica, provoca un incidente stradale mentre guida in stato di ebbrezza, uccidendo la moglie e il figlio di John Burroughs, un compositore di successo. Dopo aver scontato una pena detentiva, Rhoda cerca di affrontare il senso di colpa avvicinandosi a John senza rivelargli la sua identità. La possibilità di andare su Terra 2, rappresenterà per Rhoda e John una speranza di redenzione e perdono…
Coherence (2013)
Coherence – Oltre lo spazio tempo (Coherence) è un thriller fantascientifico diretto da James Ward Byrkit. Si può affermare che questa pellicola indipendente low budget è una delle prime che sfrutta dichiaratamente le teorie del multiverso e della decoerenza quantistica (un esempio della quale è il celebre paradosso del gatto di Schrödinger) in una storia. Concetti complessi per un piccolo film che inizia come una tranquilla commedia ambientata all’interno di una casa durante una cena tra amici. Dopo il passaggio di una cometa vicino alla Terra, le cose si complicheranno parecchio per il gruppo di amici che dovranno vedersela con un numero imprecisato di loro doppi, apparentemente ‘generati’ dagli indesiderati effetti quantistici del corpo celeste. Un clima di sospetto e di paranoia si insinuerà nel gruppo, tanto più che i loro doppi di altre dimensioni parallele sembrano volersi infiltrare tra di loro. Ne viene fuori un film incredibilmente ingarbugliato ma anche suggestivo che rifugge da una messinscena spettacolare per mettere in luce le dinamiche psicologiche tra i vari personaggi fatte di bugie, meschinità e rivalità. Alla fine c’è chi cederà alla tentazione di cambiare ‘realtà’ sostituendosi ai propri ‘uguali’ ritenuti condurre una vita migliore o più felice. Seppur si ricorra talvolta ad espedienti narrativi poco convincenti o improbabili, Coherence riesce nell’obiettivo di farci sentire a disagio con i suoi prosaici protagonisti che in una situazione di emergenza fuori dal comune, sono bravi a complicarsi la vita con decisioni avventate e irrazionali se non banalmente egoistiche.
Altri film indie simili a Coherence (ma maggiormente incentrati sui viaggi nel tempo) hanno giocato con i paradossi spazio-temporali e le conseguenti realtà alternative. Tra i più interessanti ricordiamo l’incomprensibile Primer (2004), il pluripremiato Time Lapse (2013) e l’astruso film spagnolo Timecrimes (Los cronocrímenes, 2007), tutti in grado di confondere e disorientare lo spettatore per i loro intrecci narrativi paradossali e criptici.
Nella notte il verificarsi di un’anomalia astronomica dovuta al passaggio di una cometa, getta nel caos la vita di otto amici che a una cena sperimentano una preoccupante serie di eventi che cambieranno la loro realtà in maniera imprevedibile…
Alpha Gateway (2017)
Alpha Gateway è un film di fantascienza australiano del 2017 diretto da John V. Soto mai distribuito in Italia. Il film vede come protagonista Jacqueline McKenzie nel ruolo di una fisica delle particelle che trova un modo per accedere a universi paralleli mentre è in lutto per la perdita del marito. Produzione low budget dall’intreccio godibile a livello di suspense ma non particolarmente originale, Alpha Gateway sfrutta la tematica degli universi paralleli come ‘mezzo’ per rimediare alla perdita di una persona cara come abbiamo visto in The Door (2009) e come vedremo nella serie TV Fringe nella seconda parte dell’articolo. Le modalità funzionamento della tecnologia di trasferimento in mondi paralleli (scoperta quasi casualmente durante degli esperimenti su un teletrasporto alla ‘Star Trek‘) e le relative conseguenze sulle singole realtà vengono trattate con una certa faciloneria. Ovviamente tutta la suspense si basa sulla presenza del ‘nuovo’ marito della scienziata che non è esattamente identico al defunto. Il colpo di scena finale, relativamente telefonato, è comunque passabile.
Jane Chandler è una fisica delle particelle che sta sperimentando una macchina per il teletrasporto della materia, mentre si gode una felice vita familiare con suo marito, Matt, e i loro due figli. Ma Matt muore in un incidente stradale; poco dopo, Jane scopre che il prototipo della sua macchina per il teletrasporto sta in realtà inviando oggetti in un universo parallelo. Ancora affranta dalla perdita decide di viaggiare in una realtà parallela e lì trova un’altra versione di suo marito, riportandolo nel suo mondo. Presto, però, scopre che la persona che ha portato non è esattamente come il marito che aveva perso…
The Secret of Doctor Grinberg (2020)
The Secret of Doctor Grinberg non è un film di fantascienza ma un documentario che indaga sulla misteriosa scomparsa nel 1994 del neurofisiologo messicano Jacobo Grinberg. Grinberg era spesso definito “l’Einstein della coscienza” per i suoi approcci innovativi alla comprensione del cervello umano e per l’interesse che provava verso lo sciamanesimo. La sua ricerca includeva esperimenti che volevano dimostrare la telepatia, il che ha contribuito alla sua fama di studioso carismatico e innovativo, soprattutto in Messico. Esperto anche in fisica quantistica, lo scienziato messicano ipotizzava l’accesso a realtà ‘alternative’ tramite una sorta di campo di attività cerebrale condivisa tra persone in profonda connessione emotiva. Queste interazioni neurologiche, definite come “matrice”, avrebbero permesso al cervello di superare i suoi limiti fisici. Diretto da Ida Cuéllar, il documentario esplora varie ipotesi sulla sua scomparsa, tra cui potenziali rapimenti, cospirazioni governative e problemi personali. Viaggiando attraverso più luoghi, tra cui Messico, Stati Uniti, India e Spagna, questa singolare opera ci svela gli intrighi che circondano la vita e il lavoro di Grinberg. La situazione è stata ulteriormente aggravata dalla successiva scomparsa della moglie che ha contribuito a infittire il mistero. Ovviamente, visto il personaggio e i suoi esperimenti controversi, la sua scomparsa (senza lasciare alcuna traccia) ha generato una serie di teorie particolarmente strane e affascinanti. Una su tutte, per rimanere nell’ambito di questo articolo, quello della fuga in un’altra dimensione: alcuni sostenitori delle teorie più fantasiose ipotizzano che Grinberg, a causa della sua intensa esplorazione di pratiche spirituali e sciamaniche, possa aver “attraversato” una sorta di portale verso un’altra dimensione o realtà. Questa teoria si basa sull’idea che le sue ricerche potessero avergli permesso di accedere a stati di coscienza alterati, facendolo scomparire dalla nostra realtà. Ci si aspetterebbe un film o serie TV sulla sua vicenda…
Il docufilm presenta una vicenda ‘crime’ basata su nove anni di ricerche investigative sulla vita e la scomparsa di Grinberg. Contiene interviste a familiari, colleghi e amici, nonché approfondimenti del comandante Clemente Padilla, l’agente di polizia inizialmente assegnato al caso…
Doctor Strange nel Multiverso della Follia (2022)
Prima del cinema, i fumetti (di supereroi in particolare) hanno utilizzato il tema del multiverso per espandere e rinnovare le loro storie altrimenti divenute ripetitive con il passare degli anni. Passando al cinema la Marvel ha introdotto il tema del multiverso anche nei suoi film come elemento centrale per ampliare le possibilità narrative, esplorando realtà parallele e varianti dei personaggi. In Doctor Strange (2016), il concetto viene introdotto attraverso la magia e la filosofia mistica, con il protagonista che scopre l’esistenza di dimensioni alternative. Tuttavia, è con Doctor Strange nel Multiverso della Follia (2022) di Sam Raimi che il multiverso diventa un punto focale, mostrando universi alternativi e versioni divergenti di personaggi noti. Lo stesso mago Stephen Strange incontrerà versioni diverse di sé stesso e dovrà confrontarsi con le conseguenze inattese delle sue azioni in universi paralleli. Altri film e serie dell’MCU, come Spider-Man: No Way Home, WandaVision e Loki, hanno ulteriormente sviluppato il multiverso, esplorando le conseguenze di interferenze tra le realtà. Questa tematica permette alla Marvel di integrare storie complesse, introdurre nuovi personaggi, come varianti di eroi e villain, e rendere omaggio alle interpretazioni passate dei personaggi, come nel caso di Spider-Man. Il multiverso funge da ponte narrativo per innovare, espandere l’universo cinematografico e sorprendere il pubblico con scenari inaspettati e spettacolari.
Il Doctor Strange si avventura nell’ignoto – con l’aiuto di alleati mistici sia vecchi che nuovi – e attraversa le pericolose realtà alternative del Multiverso per confrontarsi con un nuovo misterioso avversario…
Nella seconda parte di questo articolo analizzeremo le serie TV che hanno trattato l’affascinante tematica degli universi paralleli e del multiverso. Come vedremo la serialità televisiva si presta maggiormente a sfruttare in pieno le molteplici possibilità narrative offerte dagli universi paralleli nella fantascienza.