Jack the Ripper, o in Italiano Jack lo Squartatore è uno dei più efferati serial killer della storia del crimine. A renderlo un personaggio leggendario, il fatto che la sua identità non è stata mai scoperta o perlomeno non è stata mai rivelata.
Articolo pubblicato per gentile concessione di Fendenti & Popcorn
Jack lo Squartatore agì tra l’estate e l’autunno del 1888 uccidendo e mutilando prostitute nel quartiere londinese di Whitechapel, una delle zone più degradate della città. Come era apparso, scomparve e da allora sono fiorite tante speculazioni su chi fosse. Una volta entrato nell’immaginario popolare, il salto al grande e piccolo schermo è stato quasi ovvio.
A cento anni dai suoi delitti venne realizza la miniserie in due puntate La vera storia di Jack lo Squartatore (1988), da non confondersi con il patinato e più commerciale From Hell (2001).
From Hell è tratto dall’omonimo fumetto di Alan Moore e Eddie Campbell e punta sulle atmosfere horror e sulla bravura e il fascino di Johnny Depp nel delineare il ritratto dell’ispettore Abberline, uomo disperato, geniale e dipendente da alcool e oppio. La vera storia di Jack lo Squartatore si distacca profondamente dai modelli horror più consueti e commerciali.
Dietro alla miniserie diretta da David Wickes c’è una puntigliosa ricerca storica, necessaria per dare un’idea dell’ambiente che ha fatto da teatro ai delitti e capire come mai l’identità del colpevole sia rimasta ignota.
Whitechapel era un quartiere poverissimo, popolato da immigrati irlandesi, ebrei, e di altre etnie e di sottoproletariato indigeno. Le strade erano sporche e male illuminate, la gente si ingegnava per sopravvivere, la prostituzione era diffusissima e a buon mercato e l’illegalità è quasi normale. Nonostante la vita fosse durissima, la mortalità infantile alta e gli scontri etnici all’ordine del giorno, c’era una forte senso di appartenenza al quartiere e le teorie di Marx si stavano diffondendo creando una coscienza di classe. La polizia tollerava la situazione purché non venisse a turbare la vita dei cittadini delle altre zone, o peggio ancora la Corona.
La comparsa di Jack lo Squartatore turbò il già fragile equilibrio: il serial killer uccideva e sfidava Scotland Yard inviando messaggi e parti anatomiche. L’opinione pubblica vedeva nella polizia un branco di inetti, i cittadini dell’East End erano sul piede di guerra ma anche quelli dei quartieri più fortunati si sentivano insicuri.
Il killer uccideva prostitute, adescandole prima come avrebbe fatto qualsiasi cliente. Doveva quindi sembrare una persona comune, dall’aspetto e dai modi rassicuranti. Dalla precisione con cui faceva a pezzi le vittime probabilmente aveva una dimestichezza con bisturi e coltelli acquisita grazie al mestiere praticato. Il fatto che potesse compiere duplici delitti in posti distanti fece pensare che dovesse disporre di una carrozza, con un complice o un cocchiere che aspettasse pazientemente e non si meravigliasse troppo di vederlo rientrare sporco di sangue. Queste considerazioni portarono all’identificazione di un medico che aveva lavorato per la stessa Corona. Il fatto fu però insabbiato: il famoso dottore era anche gravemente malato, quindi lo avrebbero rinchiuso in un ospedale dove sarebbe morto poco più di un anno dopo.
La miniserie segue le indagini dell’Ispettore Frederick Abberline, abbracciando questa tra le varie ipotesi allora accreditate. Le investigazioni seguono però anche altre piste; tra i sospettati c’è un attore (Richard Mainsfield) che recitava a teatro il “Dottor Jekyll e Mister Hyde“; c’è un marxista che incita le folle; un vetturino che usa una carrozza con uno stemma cancellato. E’ sospettata anche la comunità ebraica, già male sopportata e considerata con pregiudizi e razzismo diffuso in tutte le classi sociali. Lo stesso Principe Alberto, giovane dalle abitudini dissolute che frequenta bordelli a Whitechapel potrebbe essere il colpevole.
Quale sia la verità, è ancora oggi oggetto di ricerche; le più recenti restringono i sospettati a un Ebreo che viveva nella zona, lasciano intendere che nella famiglia reale stessa ci fosse davvero la pecora nera, o tornano alla teoria del medico di corte.
La vera storia di Jack lo Squartatore propende per questa scelta, comprensibilmente. E’ un ottimo prodotto televisivo, riadattato anche in forma di film, ma è uno spettacolo per tutti. Qualsiasi possa essere la verità sui fatti, la miniserie propende per additare un colpevole che non ispiri antisemitismo e che non macchi l’onore della Corona.
Per analoghe ragioni, la sceneggiatura fa in modo da poter narrare la vicenda sottolineando gli aspetti storici e sociali, limitando per quanto possibile le parti horror. Le mutilazioni sono descritte nei dialoghi, il poco che si vede è appena accennato con fotogrammi che scorrono in un batter di ciglia. Gli adescamenti avvengono nelle ombre, i corpi delle vittime si intravedono appena.
La scelta è motivata dal fatto che una rappresentazione realistica dei fatti difficilmente potrebbe essere trasmessa in prima serata; l’argomento può scadere nel morboso, e a Londra organizzano tour a tema con tanto di attori che rievocano gli eventi in modo talvolta fedele alla Storia, e più spesso in modo kitsch.
Il regista ha deciso di eliminare alla radice ogni ambiguità, trattando la vicenda potenzialmente adatta a un horror con un taglio più soft, più basato sull’investigazione e sulla ricostruzione di ambienti: non è freddo come un documentario, ma è un ottimo poliziesco in costume che non risente dei rimi rilassati delle produzioni per la televisione.
A salvare la miniserie dall’apparire un lungo documentario o un horror così soft da esser poco horror, il buon ritmo narrativo, la definizione psicologica dei personaggi, e la superba ricostruzione dell’epoca. E’ così ben sceneggiato che la sua versione breve, con tempi da film, finisce per risultare troppo compressa. In essa restano i passaggi obbligati per arrivare alla conclusione, e si perde il vero potenziale, ovvero la ricostruzione della vita nella Londra Vittoriana, sacrificata al dover narrare l’indagine nella metà del tempo previsto.
I personaggi sono romanzati ma verosimili, e interpretati da grandi attori. L’ ispettore Abberline è affidato a Sir Micheal Caine, ancora piacente e capace di una recitazione sopraffina che consente alla macchina da presa valorizzare l’espressività con frequenti primi piani. Il personaggio che ne esce è quello di un uomo che vince perché crede in quello che fa, e non è un debosciato da fumeria d’oppio e sesso a buon mercato come l’ispettore. Il vero Frederick George Abberline è nato nell’ 1843 e morto nel 1929, quindi ha avuto una vita piuttosto lunga che corrisponde poco al personaggio maledetto di From Hell.
Anche i comprimari sono volti noti del cinema e del teatro britannico, ben affiatati e con copioni interessanti. Si arriva alla fine delle due puntate senza sentire la lunghezza e divertendosi benché non sia esattamente l’horror che ci si poteva attendere.