L’intera umanità è stata annientata dal mostruoso alieno Ro-Man e dal suo raggio mortale, inviato sulla Terra dai suoi padroni provenienti dalla Luna che vedono la razza umana come una minaccia. Solo una famiglia di sei persone è riuscita a sopravvivere all’attacco alieno, grazie ad un siero speciale, inventato dallo scienziato del gruppo, che li rende immuni al raggio. Ro-Man riceve l’ordine di eliminare gli ultimi superstiti, ma si invaghisce della bella Alice, esitando a portare a termine la missione. La cosa susciterà le ire dei suoi mandanti…
Realizzato in grande economia in pochi giorni, Robot Monster (1953) ha la pretesa di inserirsi nell’allora nascente filone degli ‘invasori dallo spazio’, cercando di emulare il successo di film come Gli invasori spaziali uscito solo qualche mese prima. Seppur successivamente annoverato tra i film di fantascienza più brutti di tutti i tempi, all’epoca riscosse un certo successo, arrivando ad incassare un milione di dollari, anche grazie all’utilizzo del 3D, tecnica di proiezione cinematografica che nel periodo 1952-1955 stava vivendo una prima età dell’oro. Comunque il risultato finale è un film assolutamente strampalato e ridicolo, senza capo né coda, dove tutto è assurdo ed inadeguato, a cominciare dalla figura del mostro/robot Ro-Man rappresentato come una specie di gorilla corpulento che indossa un casco da astronauta/palombaro, munito di antenne. Nascosto in una caverna, comunica col suo superiore sulla Luna tramite uno schermo tv che sembra fatto di legno mentre un enigmatico macchinario emette senza sosta quelle che sembrano grosse bolle di sapone. La furia di Ro-Man, quando non riesce a porre fine all’esistenza degli ultimi umani, si manifesta con il suo vagare insensato tra cespugli secchi e terreni sabbiosi. Quando poi prende una sbandata per la bella di turno, come un novello King Kong alieno la rapisce, cerca di spogliarla e la lega come un salame, in quella che si può considerare un maldestro ed esilarante tentativo di aggiungere al tutto un pizzico di ‘exploitation’. Anche la famigliola umana ‘allargata’ agisce in maniera insensata e delirante: i due giovani che flirtano tra i cespugli mentre il mostro li sta cercando o la celebrazione del matrimonio tra i due, con lui a torso nudo, sono grandi momenti di cinema demenziale involontario. Non mancano incongrui inserimenti di sequenze con dinosauri che combattono, prese da altri film sui mostri preistorici.
Quasi a voler giustificare la vicenda schizofrenica della pellicola, alla fine si rivelerà essere tutto un sogno scaturito dalla mente del ragazzino che aveva battuto la testa. Anche se all’ultimo il gorillone riemerge dalle ombre della caverna, in una scena evidentemente tesa a valorizzare la visione in 3D. La pellicola segnò l’esordio dell’attore George Nader (1921-2002) la cui carriera d’attore in seguito fu compromessa a causa della sua omosessualità. Rifiutato da Hollywood, proseguì a lavorare in Europa e terminò la sua carriera con un’altra pellicola di genere fantastico, Beyond Atlantis (1973), girata nelle Filippine. Non sappiamo esattamente quali ambizioni avesse l’allora 25enne regista Phil Tucker nel realizzare Robot Monster, ma girò la voce che le critiche negative alla sua opera ricevute negli anni seguenti lo avessero spinto a tentare il suicidio. Stranamente, il curatore della colonna sonora è il grande compositore Elmer Bernstein.
Titolo: Robot Monster
Regia: Phil Tucker
Anno: 1953
Produzione: USA – Phil Tucker, Alan Winston – sonoro, b/n, durata 66 min.
Sceneggiatura: Wyott Ordung
Fotografia: Jack Greenhalgh
Effetti speciali: David Commons, Jack Rabin, Roy Seawright
Musica: Elmer Bernstein
Interpreti: George Nader, Claudia Barrett, Selena Royale, John Mylong, George Barrows
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