The Other Side Of The Door

Una famiglia di americani che vive a Mumbai, in India, viene colpita da una tragedia quando il loro figlio di 8 anni, Oliver, rimane ucciso in un incidente stradale, per il quale la madre, Maria, si sente direttamente responsabile. Maria cade in una profonda depressione, rivelandosi incapace dopo anni di superare la perdita insieme al marito e alla figlia di 6 anni, che è sopravvissuta allo schianto. Ma la sua governante indiana le parla di un antico rituale indù che le permetterà di parlare con suo figlio per l’ultima volta. Maria deve recarsi presso un tempio abbandonato nel sud dell’India, cospargere le scale del tempio con le ceneri del figlio, e aspettare la sua venuta durante la notte, per parlargli attraverso il portale del tempio che però deve rimanere assolutamente chiuso. Ma la madre disperata non si accontenterà di parlare con il defunto figlio attraverso una porta sbarrata…

Non aprire quella porta (in India)

Tra le fin troppo numerose produzioni orrifiche del 2016, qualcuna è giunta anche sugli schermi italici. Proprio in questi giorni ha fatto la sua comparsa in sala The Other Side of the Door (ormai non ci si prende più la briga di tradurre i titoli), film gotico soprannaturale piuttosto derivativo che si distingue dai suoi numerosi consimili più che altro per essere ambientato in India, paese ricco di tradizioni e di leggende anche piuttosto inquietanti ma raramente utilizzato come spunto o fonte d’ispirazione dal cinema occidentale di genere horror o fantastico. In questo momento ci viene in mente solo il suggestivo e misterioso Notturno Indiano, pellicola francese del 1989. Ma in questo caso il regista Johannes Roberts, esperto mestierante di film di genere per l’home-video, non sembra essersi impegnato più di tanto a studiare o approfondire realmente l’affascinante folklore indiano, pur riuscendo ugualmente a confezionare un horror abbastanza efficace sul piano degli spaventi e insolito per la sua ambientazione gotico-esotica, sullo sfondo di un’India lugubre e minacciosa. Quando all’inizio, i protagonisti decidono di rimanere a vivere in India, si capisce subito che saranno guai per la bella famigliola. Il modello è quello sfruttatissimo di Pet Sematary di King (il ritorno dalla morte e le sue nefaste conseguenze) con il solito contorno di spettri vendicativi e possessioni ma come già sottolineato il macabro contesto indiano, con i suoi rituali arcani e proibizioni incomprensibili, tiene sufficientemente alta l’attenzione dello spettatore.

The Other Side Of The Door

La paura e i momenti topici di suspense sono ben calibrati accompagnati da una tetra atmosfera di contorno che non guasta. Si vuole rimanere sui binari sicuri della ghost story con un occhio alla tradizione dell’horror nipponico anche da un punto di vista visivo (Ringu e Ju-on su tutti) senza eccessi o particolari voli di fantasia. La vecchia porta nel tempio diroccato che separa il mondo dai vivi da quello dei morti è di per sé qualcosa di terrificante e ignoto che è meglio non aprire, ma non a caso sarà una donna a scoperchiare il ‘vaso di Pandora’…

Spoiler!

Nel finale, abbastanza azzeccato, il regista ci fa vedere l’altro lato della porta, dal punto di vista della defunta Maria (che si è sacrificata per fermare lo spirito malvagio del figlio) che cerca di impedire al marito di ripetere il suo errore.

Il regista, sotto la guida di Alexandre Aja (l’affermato autore di Alta tensione e Le colline hanno gli occhi – il remake) in veste di co-produttore, ha potuto disporre in questo caso di un budget discretamente consistente e di un cast di buon livello costituito da Sarah Wayne Callies, ormai specializzata in ruoli di mamma problematica e combina-guai, (The Walking Dead, Colony) e Jeremy Sisto nella parte del classico padre, impegnato sul lavoro, che non si accorge di niente finché non è troppo tardi. Un po’ meno convenzionali risultano le figure orrifiche della tradizione indiana che appaiono nel film: gli strani custodi dei riti funebri che si ricoprono di cenere e mangiano la carne dei defunti possono essere identificati negli Aghori, inquietante setta realmente esistente che fa parte del vasto gruppo degli asceti induisti. Gli Aghori, temuti dalla popolazione locale, praticano il cannibalismo e macabri rituali. Invece sembra frutto di invenzione Myrtu, l’orripilante guardiano dell’Ade, entità implacabile nel perseguire chi osa violare la sacra porta, dotata di quattro braccia sul modello della famigerata dea Kalì, crudele figura del variegato pantheon indiano. Nel ruolo di Myrtu troviamo un attore dal fisico molto particolare, Javier Botet noto interprete di creature mostruose che grazie alla sua statura notevole e alla sua magrezza da contorsionista ha impersonato alcuni spaventosi ‘villain’ dell’horror come “la ragazza Medeiros” della serie [REC], o lo spirito vendicativo ne La madre (2013). Più convenzionale ma sufficientemente sgradevole e terrorizzante risulta il fantasma del ragazzino defunto che come da copione sa rendersi pericoloso anche nel mondo materiale dei vivi. A titolo informativo ricordiamo che in Dead of Night,  un film TV a episodi del 1977 diretto dal regista Dan Curtis e inedito in Italia, nell’episodio intitolato Bobby, si raccontava di una donna distrutta dal dolore che tramite una cerimonia magica cercava di riportare dall’aldilà il figlio appena morto. Naturalmente, come è di regola in questo tipo di film, il resuscitato non è lo stesso di prima…
Tornando al nostro The Other Side… ovviamente, a livello di sceneggiatura e trama si poteva fare di meglio ispirandosi maggiormente al ricco background fornito dalla mitologia del subcontinente indiano, dove spiritualità, mistero, magia si intrecciano indissolubilmente con orrido e crudeltà, tutti elementi di cui un valido cinema horror non può fare a meno. Tuttavia The Other Side of the Door può essere considerata nel suo genere una pellicola godibile che si eleva un gradino al di sopra dei soliti film found-footage o mockumentary dei filoni esorcistico/slasher/torture porn che vanno per la maggiore oggi.

 

TitoloThe Other Side of the Door
Regia: Johannes Roberts
Anno: 2016
Produzione: India, Gran Bretagna – 42, Kriti Productions, Alexandre Aja – Durata 96 min.
Sceneggiatura: Johannes Roberts, Ernest Riera
Fotografia: Maxime Alexandre
Musica: Joseph Bishara
Interpreti: Sarah Wayne Callies, Jeremy Sisto, Sofia Rosinsky, Javier Botet, Logan Creran, Suchitra Pillai-Malik


Trailer