Non è un paese per supereroi: Watchmen

 

Watchmen

 

Se oggi volete trovare spunti innovativi e anti-convenzionali nelle storie ispirate ai supereroi dei comics bisogna guardare alle serie TV più che alle saghe cinematografiche. Stiamo parlando ovviamente della strabiliante (per non dire spiazzante) serie TV Watchmen, ambiziosa produzione HBO, ispirata all’epocale miniserie a fumetti scritta da Alan Moore e illustrata da Dave Gibbons, pubblicata dalla DC Comics tra il 1986 e il 1987. Nel 2009 uscì una riduzione cinematografica per la regia di Zack Snyder, tutto sommato abbastanza pregevole, nonostante le critiche inizialmente ricevute. Molto attesa e molto temuta (non solo dai fan del fumetto) è stata quindi la realizzazione di una serie TV basata sul capolavoro di Alan Moore da parte di Damon Lindelof, già autore di serie enigmatiche e terribilmente struggenti come The Leftovers. Anche questa volta, dopo i misteri incomprensibili di Lost e The Leftovers, Lindelof ci sorprende con una storia di supereroi senza poteri (con l’eccezione del semi-divino Dottor Manhattan), contenente solo vaghi richiami alla storia originale di Moore e ai suoi personaggi (pur non mancando citazioni e omaggi disseminati qua e là), ma cercando di mantenere lo stesso spirito ‘rivoluzionario’; La serie TV Watchmen è ambientata nello stesso strano mondo utopico/distopico del fumetto ma attualizzato ai nostri giorni, quindi non ci sono più le tensioni da Guerra Fredda anni ’80 ma invece domina la scena la questione razziale negli Stati Uniti, evidentemente molto sentita attualmente dagli autori delle serie TV sci-fi/fantasy made in USA (ricordiamo anche le recenti The Man in the High Castle 4 e Carnival Row), un po’ meno dal pubblico che non sempre ama essere indottrinato su certe questioni.
In questa sorta di sequel del Watchmen fumettistico, di vigilanti mascherati se ne vedono pochi in giro, anzi sono duramente perseguiti dalla legge, in compenso girano mascherate le forze di polizia per proteggere la loro identità dalla minaccia dei suprematisti bianchi, riuniti in un’ associazione clandestina simil Klu Klux Klan chiamata Settimo Cavalleggeri. In questi Stati Uniti alternativi i suprematisti bianchi indossano come simbolo la maschera del defunto giustiziere Rorschach e tramano nell’ombra per riconquistare la supremazia perduta nei confronti degli afroamericani, facendo ricorso se necessario, alla violenza terroristica. Gli afroamericani invece in questa realtà ucronica (dove gli USA hanno vinto la guerra in Vietnam e Robert Redford è diventato presidente) sembrano essere stati in parte risarciti delle ingiustizie e persecuzioni subite in passato e sono protetti e garantiti a tutti i livelli. Dei supereroi del fumetto di Alan Moore, completamente demitizzati e annullati da Lindelof, tornano in scena solo l’ex Spettro di Seta/Laurie Blake (Jean Smart), divenuta implacabile e disillusa cacciatrice di vigilanti mascherati in veste di agente dell’FBI, Ozymandias, alias Adrian Veidt, invecchiato ma sempre impegnato in progetti megalomani e il Dottor Manhattan, il “supereroe quantistico” che rimane nascosto (senza averne apparentemente coscienza) per buona parte delle puntate sotto le vesti di un comune mortale. Ma come vedremo, Lindelof, nei 9 episodi della serie, provvederà a smantellare completamente l’universo ‘supereroico’ concepito da Alan Moore, cominciando proprio dal Dottor Manhattan/Jon Osterman che si trasformerà/annullerà in qualcos’altro. Eppure, nonostante si sia voluto creare qualcosa di nuovo, risulta difficile orientarsi (e interessarsi) in/a questa serie TV senza conoscere a fondo il fumetto o almeno il film di Snyder.

 

 

Per Lindelof, ansioso di riscrivere la “Storia” (anche quella dei classici del fumetto), i nuovi supereroi sono tutti ‘neri’, nel presente, nel passato e nel futuro: tra le new entry abbiamo Sorella Notte, alias Angela Abar, poliziotta integerrima e coraggiosa, madre premurosa e affidabile, donna consapevole e orgogliosa, tutte qualità che rendono il personaggio interpretato dalla brava Regina King in verità piuttosto antipatico e lontano dalle mitiche eroine del cinema Blaxploitation che magari qualcuno si aspettava. Durante le indagini sull’omicidio del capo della polizia viene fuori che il supereroe ‘storico’ del mondo di Watchmen, Giustizia Mascherata, era un ex poliziotto afroamericano, nonno di Angela Abar, ovviamente costretto a fingersi bianco per i pregiudizi razziali imperanti all’epoca. Invece l’onnipotente e imperscrutabile Dottor Manhattan si auto esilia, (all’insaputa di tutti) dietro le sembianze del compagno di Angela, rimanendo ‘dormiente’ per anni, per poi riemergere alla fine con il suo consueto colore azzurrino ma con nuove sembianze afroamericane. Infine nel sorprendente finale (aperto?), sembra toccare ad Angela Abar ereditare i poteri sovrumani del Dottor Manhattan. Gli improbabili antagonisti dei nostri eroi ‘neri’ ovviamente sono tutti bianchi e razzisti, figure quasi caricaturali, ignoranti e beoni che si riuniscono sotto una grottesca statua di Nixon e ordiscono in gran segreto terribili piani di rivalsa protetti simbolicamente da un grande crocifisso. Oppure sono razzisti ‘nascosti’ e subdoli politicanti che apparentemente appoggiano l’eterna battaglia al razzismo ma invece tramano per tornare al vecchio status quo. Quei (pochi) personaggi bianchi che stanno dalla parte giusta, come il poliziotto dalla maschera riflettente Specchio, si impegnano a scovare con appositi strumenti e test dal sapore orwelliano il grado di razzismo nascosto o latente nel sospettato di turno. Ma per noi Specchio sembra una versione più problematica e sfigata di Rorschach, il tormentato vigilante dalla maschera a macchie cangianti che Lindelof non esita a far diventare il simbolo dei suprematisti bianchi, scelta alquanto discutibile almeno per i fan del fumetto, che ricordano come l’inflessibile eroe senza volto avesse un codice d’onore e una morale molto forti, assai distanti da qualsiasi forma di razzismo. Dei bianchi non si salva nessuno, neanche il capo della polizia (interpretato da Don Johnson), misteriosamente ucciso all’inizio, che alla fine si rivela essere stato un membro occulto della setta suprematista insieme alla fanatica e insospettabile moglie. Anche il tosto agente Terrore Rosso sembra avere qualche problema alimentare. Infine Ozymandias/Adrian Veidt, impersonato da un ispirato Jeremy Irons, è un folle megalomane, capace di eliminare milioni di persone con noncuranza, per i suoi ambiziosi scopi e ha tutti i connotati dello scienziato pazzo.

 

 

Per questa sua forte impronta ‘politica’, presentata in maniera sofisticata e suggestiva nella forma ma opinabile e ambigua nel messaggio, la serie Watchmen ha ottenuto elogi sperticati dalla critica ma ha suscitato perplessità e delusione negli spettatori che probabilmente si aspettavano qualcosa di più aderente al fumetto o al film, senza forzature che sanno di ‘propaganda’, cosa che è stata percepita da molti come eccessivamente legata all’attuale scena politica americana e anche europea. La divisione piuttosto netta tra buoni e cattivi, senza troppe sfumature, risulta a tratti persino risibile e rischia di togliere efficacia agli aspetti più surreali e grotteschi, tra i più riusciti della serie HBO (vedi i bizzarri esperimenti di Ozymandias, esiliato su una luna di Giove, effettuati sui cloni o l’uccisione a martellate del compagno di Angela Abar, da lei messo in atto per far riemergere dal suo travestimento ‘umano’ il dr. Manhattan), che fanno pensare inizialmente alle stranezze visionarie di David Lynch. Le suddette pecche, che hanno fatto sopravvalutare la serie a quei recensori più ‘sensibili’ e recettivi verso certe tematiche ‘politically correct’, non impediscono comunque a Watchmen di essere un prodotto televisivo interessante, mai banale, con una trama, seppur mai realmente avvincente rispetto ad altri serial di successo, ben congegnata e stimolante che talvolta riesce anche ad emozionarci con le vicissitudini dei suoi personaggi, molto umani e poco supereroi. Watchmen si prende molto sul serio e Lindelof lo dimostra ambientando la storia a Tulsa in Oklahoma, città che nel lontano 1921 fu teatro di disordini razziali dalle tragiche conseguenze per la comunità nera. Si tratta di un episodio della storia americana poco conosciuto che non andrebbe dimenticato, anzi meritorio di una ricostruzione storica televisiva realistica e accurata (senza tirare in ballo storie fumettistiche o senza ricorrere a facili strumentalizzazioni) ma per fortuna appartenente a un’epoca piuttosto lontana e diversa dalla nostra; anche se appare manifesto che gli autori di Watchmen la pensino diversamente e fanno di tutto per convincere lo spettatore che il grande male del razzismo alberga latente in tutti noi (bianchi) e non bisogna mai abbassare la guardia.

Il finale di stagione sembrerebbe chiudere la strada a seguiti diretti della storia di Lindelof (anche se Sorella Notte nell’ultimo episodio rinasce come Dottor Manhattan) ma mai dire mai. In fondo abbiamo visto che il Dottor Manhattan (o la sua nuova reincarnazione) non percepisce il tempo come noi comuni mortali e un nuovo inizio con una nuova generazione di Watchmen è sempre possibile.

 

Trailer

 

Trama: Negli Stati Uniti di un 2019 alternativo, sono passati 34 anni dal misterioso avvenimento che colpì New York nel 1985: il Dottor Manhattan è ancora in esilio volontario su Marte e il vigilantismo in maschera è rimasto illegale dal 1977. Le tensioni razziali sono sempre più alte in tutto il paese, anche a causa delle politiche impopolari del longevo Presidente Robert Redford, volte a garantire risarcimenti economici agli afro-americani e agli altri gruppi che in passato hanno sofferto molto di discriminazioni razziali. Nella zona di Tulsa (Oklahoma), tra i contrari si annovera anche il Settimo Cavalleria, un misterioso gruppo terrorista fautore della supremazia bianca che è riuscito a entrare in possesso del diario di Rorschach, contenente la verità nascosta sull’incidente del 1985, e che, mascherati come il vigilante scomparso, prendono di mira figure governative come gli agenti di polizia. Per proteggere questi ultimi e le loro famiglie da eventuali rappresaglie, vengono varate delle leggi che consentono alla polizia di operare a volto coperto, come dei vigilanti… (Wikipedia)

Cast: Regina King, Jeremy Irons, Jean Smart, Don Johnson, Louis Gossett Jr, Tim Blake Nelson